Si amano e voglio sposarsi. E fino a qui nulla di strano. Ma Annouar e il suo compagno sono due uomini, arabi e, perdipiù, profughi in un campo a Melilla, l’enclave spagnola in territorio marocchino. La loro storia è stata scoperta e rivelata dal quotidiano spagnolo «El Diario» in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia che si celebra oggi in tutto il mondo.
Annouar è algerino e da musulmano si è convertito al cristianesimo. Già la scelta di lasciare l’islam non è stata facile e ha attirato su suo fratello, un imam, parecchie minacce di morte. Il recente coming outing potrebbe complicare ulteriormente le cose in un Paese, come l’Algeria, in cui l’omosessualità è bandita. Lo stesso vale per il suo fidanzato marocchino. E infatti lui sceglie di non rivelare il proprio nome e di non farsi fotografare dai giornalisti spagnoli.
Entrambi però sono riusciti a lasciare il Paese di origine e a raggiungere Melilla dove vige la legge spagnola che permette il matrimonio gay. Ed è per questo motivo che Annouar e il suo compagno hanno deciso di sposarsi. Hanno fatto domanda e, sebbene non abbiano ancora il permesso di soggiorno, hanno già fatto la richeista. Se le autorità locali daranno loro il permesso, Annouar ha annunciato che alla cerimonia inviteranno tutti i residenti del centro di accoglienza temporanea per gli immigrati dove vivono attualmente. Il giorno del matrimonio intendono fare una grande festa con musica occidentale.
Se la loro storia, pur complicata, potrebbe avere un happy end, quella di migliaia di omosessuali africani è più complessa. In Africa essere gay è ancora molto difficile. Retaggi culturali, diffidenze, convenienze politiche fanno sì che in gran parte del continente l’omosessualità si non solo un tabù, ma un reato penalmente perseguito. In Mauritania, Somalia, Sudan e negli Stati settentrionali della Nigeria i rapporti tra persone dello stesso sesso sono puniti con la pena di morte. In Tanzania e in Uganda con l’ergastolo. In 19 Paesi (tra i quali tutti gli Stati dell’Africa mediterrane) i rispettivi codici penali prevedono pene per gli atti omosessuali e in tre nazioni (Angola, Botswana e Zimbabwe) sono previste pene, anche se non vengono applicate. In molti Paesi (come Rd Congo, Mozambico, Mali, Ciad) formalmente non esistono norme punitive, ma l’emarginazione per i gay e le lesbiche è una realtà quotidiana. Solo il Sudafrica riconosce le unioni omosessuali.
Una situazione difficile confermata anche da una ricerca fatta da Ilga (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association) e Riwi (società di ricerca canadese che fa ricerche statistiche in Paesi in cui è difficile farle in modo tradizionale). Il rapporto «Ilga-Riwi Global Attitudes», effettuato in collaborazione con Logo, ha preso in considerazione 96.331 persone in 65 Paesi. Il 67% della popolazione mondiale pensa che i diritti civili dovrebbero essere applicati a tutti, senza distinzione di sesso. Ma il 45% degli africani vorrebbe che l’omosessualità fosse reato. Il 78 % dei genitori africani dice poi di essere turbato da un figlio gay. Alla domanda: «Se il vostro vicino fosse gay?», il 39% degli africani ha detto che sarebbe molto a disagio. In Algeria, Egitto, Marocco solo il 34%, 26% and 33% non avrebbe problemi con una vicina omosessuale.