Nell’opposizione ci sono forti contrasti legati sulla successione di Dhlakama, con un gruppo, non è chiaro quanto numeroso, che vuole la linea dura e sostiene che l’accordo di pace sia totalmente svantaggioso, un’altra parte, guidata da Ossufo Momade, che è d’accordo con il trattato e anzi ha aiutato a redigere il trattato
Dopo la morte di Afonso Dhlakama, leader storico del principale partito di opposizione mozambicano, sembrava che la pace tra Frelimo e Renamo potesse finalmente arrivare a una conclusione. Giovedì 1° agosto, alla fine, il Presidente della Repubblica Nyusi si è recato a Gorongosa e ha firmato un accordo che prevede la totale smilitarizzazione dei gruppi armati legati alla Renamo e il completo smantellamento delle basi situate proprio nella Serra di Gorongosa.
Tuttavia, all’interno dell’opposizione ci sono forti contrasti legati proprio alla successione di Dhlakama, con un gruppo, non è chiaro quanto numeroso, che vuole la linea dura e sostiene che l’accordo di pace sia totalmente svantaggioso, un’altra parte, guidata da Ossufo Momade, che è d’accordo con il trattato e anzi ha aiutato a redigere il trattato.
C’è una data da segnarsi per vedere come si evolveranno le cose, il 21 agosto. È entro questa data infatti che la Renamo dovrà consegnare tutte le armi e smobilitare le basi. Se questo non avverrà, parola del presidente Nyusi, «chiunque sparerà un colpo e sarà nemico della pace, noi del governo insieme alla Renamo lo andremo a cercare».
E intanto tra mercoledì e giovedì ci sono stati ben due episodi di violenza, con ignoti che hanno sparato ad altrettanti camion sempre nella zona di Gorongosa, dove storicamente la guerriglia possiede le principali basi. È impossibile prevedere cosa succederà dopo il 21 di agosto se, come è probabile, non tutti riconsegneranno le armi. Nella peggiore delle ipotesi ci potrà essere un’altra guerra civile che impedirà il regolare svolgimento delle elezioni, ma tutto dipende da quanti e
quanto agguerriti saranno coloro i quali non vorranno arrendersi.
Intanto, un altro fronte ben più grave si è aperto nel nord del Paese, nella regione di Cabo Delgado. Secondo le fonti del luogo, sono già centinaia le persone uccise e i villaggi bruciati da gruppi armati che ancora non hanno un’identità. L’ipotesi più semplice, ma anche la più riduttiva, è che si tratti di forze terroristiche islamiste, ma molto probabilmente la questione è molto più complessa e si intreccia con i grandissimi giacimenti di gas naturale, carbone e pietre preziose che si trovano in quella parte di Mozambico.
In un Paese in cui lo Stato è ancora oggi diretta espressione del partito di governo, Frelimo non può assolutamente permettersi di perdere il potere, ed è praticamente certo che le elezioni di ottobre saranno vinte da questo partito che detiene il potere come partito unico dall’indipendenza del 1975, e ha vinto tutte le elezioni democratiche dal 1994.
A partire dai giudici, passando per la polizia, la sanità, l’istruzione, dal magistrato più alto in grado della Corte costituzionale, all’insegnante di provincia tutti sono espressione del partito.
Interessante e diverso il caso dell’esercito, che dopo la pace del 1992 fu integrato con membri della guerriglia (lo stesso fratello di Dhlakama divenne generale). Per questo motivo, il governo non ha mai investito sull’esercito, che è rimasto indietro anni luce rispetto alle forze armate degli altri Paesi. E non è stato infrequente che, durante l’escalation di violenze che ormai si protrae da quattro anni, l’esercito abbia sabotato le operazioni militari governative, affidate alla forza di polizia (meglio armata e addestrata dal regime).
Tantissime sfide per questo Stato dell’Africa australe, apparentemente lontanissimo dall’Italia, ma con il quale abbiamo più di un accordo per quanto riguarda il rifornimento di materie prime.
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Giovanni Pigatto. Una passione per la politica e per la storia. Scrive di Africa e cura il podcast Ab origine su storia, politica e società del continente nero. Una laurea in lettere moderne a Trento e tanta voglia ancora di imparare…