I vescovi africani sembrano riscoprire la “vocazione profetica” e sempre più spesso intervengono sulla vita politica dei rispettivi Paesi con analisi e riflessioni affidate alle rispettive Conferenze episcopali nazionali.
In Africa i focolai di guerra, le proteste della gente, l’ingerenza di Paesi stranieri non africani negli affari economici e politici, vere e proprie guerriglie, malattie sempre meno controllabili, eventi climatici catastrofici… sono fatti che costituiscono materia di cui i governi dovrebbero occuparsi in vista del bene dei rispettivi Paesi. Tuttavia, accade raramente che un governo denunci, ad esempio, la corruzione interna e si impegni in vere riforme. La Chiesa non resta indifferente davanti a queste situazioni e sempre più frequentemente richiama i responsabili a una presa di coscienza e a un impegno concreto in favore delle popolazioni.
Africa centrale (Aceac)
«La situazione sociale resta preoccupante, anzitutto per quanto riguarda l’insicurezza persistente in certe zone, in particolare alle frontiere dei tre Paesi», affermano i vescovi del comitato permanente dell’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa centrale (Aceac) nel comunicato finale della riunione ordinaria tenutasi a Bukavu, nell’Est della Repubblica democratica del Congo, dal 15 al 18 gennaio.
Nello stesso comunicato, inviato all’Agenzia Fides, l’Aceac, dove sono riuniti i vescovi di Ruanda, Burundi e Rd Congo, denuncia il fatto che nei tre Paesi «il potere di acquisto della popolazione si è ancora ridotto obbligando molte famiglie a vivere al di sotto della soglia di povertà. […] E siccome la disgrazia non viene mai sola, il virus Ebola e le piogge torrenziali di questi mesi hanno causato disastri notevoli, con numerosi morti, e hanno messo sulla strada molte persone».
I vescovi apprezzano l’impegno delle Caritas e delle Commissioni giustizia e pace che, pur disponendo di poche risorse, hanno portato aiuto alle popolazioni colpite. Invitano le comunità cristiane a continuare prendersi cura delle vittime. Deplorano il deteriorarsi del clima di fiducia tra i responsabili politici della regione, che aumenta la possibilità di scontri armati a danno dei civili inermi. Nel loro comunicato fanno «appello alla coscienza dei governanti perché abbiano a cuore e in mente il dovere di mettere al sicuro le popolazioni e di impegnarsi per lo sviluppo dei popoli che devono pienamente godere dei loro diritti di creature libere a immagine di Dio».
I vescovi hanno anche rinnovato il loro impegno, preso per la prima volta nel 2013, di lavorare insieme alle altre confessioni religiose per «l’insediamento di una pace duratura nella regione con la testimonianza di vita, di gesti e di parole». Pubblicheranno nei prossimi mesi un documento sulla pace e un programma pastorale e invitano i fedeli a recitare ogni giorno la preghiera per la pace di san Francesco d’Assisi (Agenzia Fides, 23 gennaio 2020).
Rd Congo
La Conferenza episcopale della Repubblica democratica del Congo (Cenco) afferma che le sue prese di posizione di fronte alla politica del Paese sono dettate dalla convinzione che «la Chiesa deve essere là dove la gente soffre». È grazie alle pressioni esercitate dai vescovi sul presidente Joseph Kabila che nel 2016 si è avviato un processo di avvicinamento alle elezioni, tenutesi poi nel dicembre del 2018. Le esortazioni alla preghiera per il Paese, l’organizzazione di marce pacifiche, la formazione politica dei laici, in particolare degli osservatori dei seggi elettorali, le lettere pastorali, gli interventi puntuali per situazioni di gravi conflitti armati all’interno del Paese… hanno costituito per così dire una costante spina nel fianco dei responsabili politici. Questa insistenza è confermata dagli interventi del card. Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa, dopo la sua visita di fine 2019 nelle zone dell’Est, martoriate dalla guerriglia, e dalle dichiarazioni congiunte dei vescovi di Ruanda, Burundi e Rd Congo. È la crescente sofferenza della popolazione a motivare questa maggiore presenza della voce dei vescovi sulla scena pubblica.
Costa d’Avorio
Anche qui i vescovi ribadiscono sostanzialmente lo stesso concetto. La Chiesa «si pronuncia sulla gestione politica proprio perché gestisce la creazione ed è interprete di Dio che ha creato tutto e che veglia su tutto» (Paul Zikpi, 15 febbraio 2019). È datato 14 gennaio 2020 l’ultimo intervento di mons. Ignace Bessi, presidente della Conferenza episcopale dei vescovi cattolici della Costa d’Avorio, in occasione della loro 114ª sessione plenaria: «Il vescovo, che è ministro della riconciliazione, non può rassegnarsi alla mancanza di una volontà comune tra le parti antagoniste; non può accettare l’ipoteca della vita dei popoli al calcolo di interessi particolari […]. La Chiesa non può permettersi la politica dello struzzo, non può ignorare le sofferenze che il popolo deve sopportare. […] E i vescovi devono affrontare de visu tali situazioni socio-politiche nella verità, e dare il loro contributo a distruggere le barriere e costruire ponti tra gli uomini».
Togo
Alla vigilia delle elezioni presidenziali (fine febbraio, o inizio marzo 2020), ricordando le violenze seguite alle ultime elezioni, i vescovi hanno rivendicato il loro ruolo profetico e la «loro missione di essere sorgente di luce e di speranza per gli abbandonati». In un loro comunicato del 21 novembre si legge che la «Conferenza dei vescovi del Togo non ha mai cessato […] di prendere la parola per proclamare la verità, denunciare l’errore e illuminare le coscienze dei loro concittadini sulla strada da scegliere in vista dello sviluppo integrale del nostro Paese», e si ricorda come i vescovi abbiano sempre fatto suonare dei campanelli di allarme quando il Paese rischiava di prendere direzioni sfavorevoli alla vita della gente.
Camerun
A tenere banco qui è la cosiddetta crisi anglofona, che ha sollecitato i vescovi a prendere la parola pubblicamente. Benché accusati dalla Presidenza di indebita ingerenza in campo politico, i vescovi camerunesi sono stati sovente esposti nella ricerca di soluzioni attraverso il dialogo delle parti e la sensibilizzazione della loro gente. Il cardinal Tumi, arcivescovo emerito di Douala, ha rivendicato il ruolo attivo giocato dalla Chiesa nell’organizzazione di incontri in vista di una soluzione alla crisi anglofona, un impegno che è sfociato alla fine nel Grande dialogo nazionale (30 settembre – 4 ottobre 2019). In una intervista a La Croix, Tumi denunciava invece che «la politica aveva evidentemente fallito nel suo compito».
Giovanni Pross, missionario dehoniano nella Rd Congo, per SettimanaNews.