Nel Golfo di Guinea, nelle ultime settimane, si sono registrati numerosi attacchi a mercantili e navi cisterna da parte di pirati. Così, il 16 novembre, a pochi giorni di distanza dal precedente intervento in soccorso della nave cisterna Torm Alexandra, la fregata Martinengo della Marina Militare italiana, durante un pattugliamento nella zona, è intervenuta a favore del mercantile Zhen Hua 7 che, battente bandiera liberiana, trasportava equipaggio di nazionalità cinese.
«Serrate le distanze e stabilite le comunicazioni, nave Martinengo ha appreso la conferma della fuga dei pirati dall’equipaggio del mercantile e della necessità di supporto sanitario a favore di un marittimo con una ferita da arma da fuoco alle gambe. Una squadra della Brigata Marina San Marco (Bmsm), specializzata nell’attività di ispezione e controllo a bordo dei mercantili, è stata infiltrata per verificare la sicurezza del mercantile e permettere l’intervento in sicurezza del team sanitario», ha spiegato la Marina nella sua ricostruzione dell’intervento. L’uomo ferito è stato trasportato presso una struttura ospedaliera nella vicina località di Sao Tome. Le sue condizioni sono ora stabili.
La stessa fregata della Marina Militare era stata protagonista di un episodio simile pochi giorni fa, a conferma di come il Golfo di Guinea sia oggi una delle aree marittime del pianeta maggiormente colpite dal fenomeno della pirateria che, in questa zona dell’Africa, sembra essere diventato un vero cancro.
Nel mondo è diminuito il numero di “crimini nel mare”, dicono le statistiche, ma gli assalti e i sequestri di mercantili sono cresciuti esponenzialmente sulle coste dell’Africa occidentale. Si parla infatti di almeno 121 marinai rapiti nel Golfo di Guinea nel 2019, quasi il doppio rispetto all’anno prima. Le aree più colpite sono di fronte alle coste del Benin, della Nigeria e del Camerun. Ma soprattutto in Nigeria stanno crescendo gli attacchi in mare.
«Gli attacchi dei pirati, ma sarebbe meglio definirle rapine a mano armata, sono da sempre frequenti nei porti dell’Africa occidentale, con un picco a Lagos in Nigeria, ma il fenomeno attualmente più preoccupante sono gli abbordaggi molto distanti dalla costa, sino a duecento miglia, con rapimento degli equipaggi a scopo di riscatto», spiegano Nicolò Carnimeo e Samuel Oyewole nell’approfondimento Noi contro i petropirati del Golfo di Guinea pubblicato sull’ultimo numero di Limes.
Come avvengono gli attacchi? «Anche nell’Africa occidentale oggi vengono adoperate ‘navi madre’, per lo più pescherecci sequestrati in precedenza o piccoli cargo dai quali, una volta individuato il bersaglio, partono scafi veloci con un commando di quattro o cinque unità armate di mitragliatori e lanciagranate», si legge nell’articolo dove viene anche messa in luce l’importanza strategica del Golfo di Guinea a livello commerciale: «in Nigeria sono presenti Eni e Saipem. La prima vi opera dagli anni Sessanta con una produzione annuale di 23 milioni di barili di petrolio e condensati, 3.2 miliardi di metri cubi di gas per un totale di 44 milioni di boe (barrel of oil equivalent)». Così, in quest’area marittima, si concentrano gli interessi economici dell’Italia, di altri Paesi ma anche dei pirati.
In totale, nella prima metà del 2020, il Centro di segnalazione della pirateria dell’International maritime bureau (Prc – Imb), ovvero l’organismo internazionale per la lotta ai crimini connessi al commercio e al trasporto marittimo globale, ha registrato 98 episodi di pirateria e rapine a mano armata, rispetto ai 78 del secondo trimestre 2019, con in tutto 49 membri dell’equipaggio rapiti e trattenuti anche sei settimane. Il 90% di questi attacchi è avvenuto nel Golfo di Guinea.
Il rapporto evidenzia una concentrazione del fenomeno nelle acque di fronte alla Nigeria, Togo e Benin ma le attività piratesche si spingono anche a nord, in Ghana e Costa d’Avorio, e a sud, nei mari di Guinea Equatoriale e Camerun.
«La pirateria nel Golfo di Guinea non è un fenomeno nuovo, ha cominciato a destare preoccupazione all’inizio degli anni Duemila quando la Nigeria è diventata un’importante base di gruppi criminali ben organizzati e dediti alla pirateria», spiegano Carnimeo e Oyewole su Limes, precisando che «problemi di natura sociopolitica ed economica hanno generato terreno fertile per questa attività criminale proprio perché il governo di fatto non ha alcun potere in varie aree del Paese, soprattutto nelle regioni costiere».
Da parte loro, i governi africani lamentano da anni la mancanza di mezzi per combattere il fenomeno nelle acque del Golfo dove, a fronte di un’area così vasta, hanno a disposizione guardie costiere con un’insufficienza di armamenti, imbarcazioni e personale.
(Valentina Giulia Milani)