di Maria Scaffidi
Un passo indietro per la democrazia? Un ulteriore riposizionamento del Sahel al di là delle “buone intenzioni” dell’Occidente? Guardando a quanto avvenuto in Niger, dove il presidente Mohamed Bazoum è stato esautorato dalla Guardia presidenziale, teoricamente preposta alla sua salvaguardia, si è avuta la conferma di una tendenza che dal 2020 ad oggi ha visto almeno 12 tra golpe e tentati colpi di Stato in Africa occidentale.
Rovesciamenti che hanno consegnato ai militari il potere in diversi Paesi di una regione che da più di dieci anni deve fare anche i conti con la presenza di gruppi armati e reti criminali ben organizzate. Così come avvenuto in Mali e in Burkina Faso, in Niger i militari hanno giustificato le loro azioni lamentando un peggioramento delle condizioni di sicurezza. Ma guardando proprio al Burkina e al Mali, almeno per il momento, non sembra che le cose siano migliorate.
Il dato che emerge chiaramente, secondo molti osservatori, è quello di un fallimento delle politiche francesi nella regione, con un sentimento anti-francese facilmente individuabile, e di un fallimento dell’Ecowas, l’organizzazione che riunisce i Paesi dell’Africa occidentale, nella capacità di rappresentare una forza dissuasiva.
“Il rischio di disordini più ampi, lotte intestine militari e sentimenti anti-francesi aumenterà”, ha affermato Robert Besseling, amministratore delegato di Pangea-Risk, un’organizzazione specializzata in questioni di sicurezza.
E’ guardando alla mappa dei colpi di Stato che appare chiaro come anche i Paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea e che fanno parte dell’Ecowas, comincino a temere un’onda difficile da contenere e legata anche alle condizioni economiche delle aree storicamente più marginalizzate. Dal 2020 ci sono stati due colpi di Stato in Mali, altrettanti in Burkina Faso e in Sudan.
In Ciad c’è stato un Mahamat Deby che è succeduto a un altro Deby, Idriss, ucciso in battaglia e c’è stato anche un colpo di Stato evitato a dicembre del 2022. Poi c’è stato un golpe riuscito in Guinea (2021), uno fallito in Guinea Bissau (2022) e nello stesso Niger (2021). Senza contare quanto avvenuto in Tunisia, dove il presidente Kais Saied ha sciolto il Parlamento e indetto poi un referendum costituzionale, e in Libia dove tutto è cominciato e dove tutto deve ancora essere risolto.
La situazione è dunque complessa, difficile, e preoccupa ovviamente anche gli Stati Uniti e i governi europei che lì hanno interessi e contingenti militari. Se a questo aggiungiamo poi l’aumento della popolazione, unito alla crescita dell’insicurezza alimentare in una zona tra le più aride al mondo il quadro forse è completo.