di Andrea Spinelli Barrile
Goma, città strategica della Repubblica Democratica del Congo, è caduta nelle mani dei ribelli M23, intensificando il conflitto nella regione del Nord Kivu. La situazione è ulteriormente complicata dalle tensioni con il Ruanda, accusato di supportare i ribelli, e dalle gravi perdite tra le forze congolesi e le missioni internazionali.
Si contano le ore, a Goma, nell’est della Repubblica democratica del Congo, città capitale della regione del Nord Kivu caduta nella plumbea mattina di lunedì 27 gennaio nelle mani dei ribelli dell’M23. Sempre lunedì, il presidente del Kenya William Ruto, in qualità di Presidente della Comunità dell’Africa Orientale (Eac) ha convocato un vertice di emergenza dei leader regionali per discutere del conflitto, vertice che dovrebbe svolgersi mercoledì e al quale, ha detto Ruto, parteciperanno anche i presidenti di Rdc, Felix Thisekedi, e Ruanda, Paul Kagame.
La situazione attorno a Goma è precipitata definitivamente nel finesettimana ma è dall’inizio del 2025 che l’M23 ha rilanciato la sua offensiva, estendendo il proprio controllo in vaste aree nel Nord e Sud Kivu, prendendo nelle ultime settimane le città di Minova, nel Sud Kivu, e Masisi, nel Nord Kivu. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), solo dall’inizio del 2025 più di 400.000 persone sono state costrette ad abbandonare le loro case nelle province del Nord e del Sud Kivu per fuggire dai combattimenti. Il conflitto si è intensificato la scorsa settimana dopo che i ribelli hanno conquistato un nuovo territorio, seguito dall’uccisione del governatore militare del Nord Kivu Peter Cirimwami e dalla minaccia di marciare su Goma. Da allora la coalizione governativa ha subito altre perdite, tra cui la morte del comandante supremo delle Forze armate congolesi, il generale Pacifique Ntawunguka, alias Omega, e dei soldati della missione Sadc guidata dal Sudafrica e della missione Onu.
Domenica il comando dell’M23 aveva dato tempo alle Forze armate congolesi fino alle 3 del mattino di lunedì per deporre le armi e aveva annunciato la chiusura dell’aeroporto e dello spazio aereo su Goma. Il mattino seguente, l’M23 ha annunciato di avere “liberato con successo” Goma. Il governo di Kinshasa, con diverse dichiarazioni da parte dell’ufficio stampa e di numerosi ministri, ha giurato che non cederà “un solo centimetro” ai ribelli ma durante la giornata di lunedì decine di soldati congolesi delle Forze armate (Fardc) si sono arresi ai ribelli, alle forze ruandesi oltreconfine o si sono rifugiati presso le forze di pace della Monusco, che dal canto loro lamentano anch’esse la perdita di diversi militari nei combattimenti contro l’M23.
Secondo le cronache delle agenzie internazionali e dei corrispondenti sul posto, appena a ovest di Goma, sulle colline Bugu e giù fino alla Grande barriere, dove corre il confine Rdc-Ruanda, le Forze armate ruandesi (Rdf) hanno cannoneggiato, come ormai da anni, le postazioni dell’esercito congolese e la Difesa congolese accusa il Ruanda, nuovamente, di avere ingaggiato diversi scontri a fuoco con le truppe congolesi e le forze ausiliarie in territorio congolese. Ci sono stati scontri a fuoco anche alla Petite Barrière, al confine con il Ruanda, e alla città frontaliera di Gisenyi, che sembrerebbero capitolati quando le Fardc hanno letteralmente alzato bandiera bianca. Nel pomeriggio, il telegiornale della tv ruandese Rba ha mostrato le immagini della resa di alcuni militari congolesi consegnatisi alle truppe di Kigali. Anche le forze armate uruguaiane della Monusco hanno condiviso sui loro canali social foto di uomini che indossavano abiti civili e uniformi militari congolesi, che avevano lasciato le armi e sembravano essersi consegnati.
Cosa succede a Goma?
La città strategica di Goma ha una popolazione di circa due milioni di persone ed è un polo regionale per la sicurezza e gli sforzi umanitaria. Ma non solo: situata al confine con il Ruanda e sulle rive del lago Kivu, la città è un importante snodo commerciale e di trasporto, facilmente raggiungibile dalle città minerarie che forniscono metalli e minerali come oro, rame, stagno e coltan, fondamentali per la fabbricazione di qualunque dispositivo elettronico.
Proprio a Goma c’è la principale base delle Nazioni Unite in Rdc, che sta attualmente evacuando il suo personale e le loro famiglie dalla città, circa 2.000 persone: “L’M23 e le forze ruandesi sono penetrati nel quartiere Munigi, alla periferia della città di Goma, provocando il panico di massa e la fuga della popolazione” ha detto il rappresentante speciale delle Nazioni unite nella Rdc, Bintu Keita, durante una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite tenutasi domenica sera. Durante la stessa riunione, il Consiglio ammoniva sia l’M23 che il Ruanda intimandone il ritiro e ricordando loro che, comunque, uccidere soldati delle missioni internazionali costituisce un crimine di guerra: gli ultimi due peacekeeper della Monusco sono rimasti uccisi durante uno scontro a fuoco soltanto venerdì scorso.
Le immagini girate con gli smartphone confermano le parole di Keita: decine di video diffusi sui social mostrano lo sciamare di migliaia di motociclette con con tre, quattro persone a bordo e cariche di ogni cosa, coperte, materassi, valigie e borsoni strapieni, chi verso est, verso Keshero e Nzulo, e chi verso ovest, verso il confine ruandese. Secondo le Nazioni unite, diversi campi alla periferia della città, che ospitavano oltre 300.000 sfollati, si sono completamente svuotati nel giro di poche ore ma il confine è stato chiuso da entrambe le parti e soltanto al personale non essenziale delle Nazioni Unite e alle loro famiglie è stato consentito di attraversarlo.
Intanto, le testimonianze da Goma sono drammatiche: il ministro delle Comunicazioni Patrick Muyaya ha esortato la popolazione a restare in casa e proteggere la propria sicurezza mentre l’agenzia di aiuti ufficiale della Chiesa cattolica in Inghilterra e Galles, Cafod, ha fatto sapere che acqua ed elettricità sono state tagliate in tutta la città. Le vie d’accesso a Goma sarebbero quasi tutte bloccate, cosa che impedisce alla popolazione di uscire e agli aiuti di entrare e anche le vie d’acqua sul lago Kivu sono interrotte.
L’aeroporto, domenica e lunedì, è stato preso d’assalto e nel pomeriggio di lunedì numerose compagnie aeree hanno fatto sapere di avere interrotto il servizio da e per la città. Anche il Programma alimentare mondiale (Wfp) ha fatto sapere di aver sospeso le sue operazioni a Goma e nella regione del Nord Kivu a causa dell’”escalation di violenza”. In città è invece il caos: l’Afp ha diffuso la notizia, confermata poi da numerosi video, di una fuga di 3.000 detenuti dal carcere locale, struttura che è stata “totalmente incendiata” e durante tutta la giornata di lunedì ci sono stati scontri armati, anche molto violenti, in diverse zone della città, compreso il College Mwanga, dove ci sono alloggi per studenti.
Quale è la posta in gioco?
La parte orientale della Repubblica democratica del Congo è ricca di minerali ed è teatro di conflitti da oltre 30 anni. Questi due fattori, tuttavia, non sono sempre concisi: storicamente, diversi gruppi armati si sono confrontati con le autorità governative congolesi per ottenere il potere e il controllo del vastissimo Paese, un’instabilità che ha avuto effetti devastanti diretti sui paesi limitrofi, come è accaduto negli anni Novanta, quando due enormi conflitti, soprannominati le “guerre mondiali africane”, hanno causato la morte di milioni di persone. Sempre negli anni Novanta c’è stato il genocidio dei Tutsi in Ruanda, terminato il quale molti degli ex-genocidari Hutu, ma non solo, sono stati costretti a rifugiarsi in Repubblica democratica del Congo, spesso unendosi alla guerriglia clandestina contro il nuovo governo di Kigali.
L’M23 si è formato nel 2012 come ramificazione di un altro gruppo ribelle: ufficialmente il gruppo è nato per proteggere la popolazione di etnia Tutsi nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo, che da tempo lamentava persecuzioni e discriminazioni da parte delle autorità congolesi. Il gruppo ribelle è stato espulso dalla Repubblica Democratica del Congo, ma nel 2021, dopo anni di silenzio, ha ripreso le armi. In quanto caratterizzato da una maggioranza Tutsi, l’M23 ha trovato nel governo del Ruanda un ottimo alleato: l’anno scorso, un rapporto di esperti delle Nazioni Unite ha dimostrato come nella Repubblica democratica del Congo fossero presenti fino a 4.000 soldati ruandesi, impegnati a supportare l’M23, accuse che Kigali ha sempre negato ma ricordando sempre la “grave minaccia” alla sua “sicurezza e integrità territoriale” rappresentata dalle accuse di Kinshasa: il conflitto è per il Ruanda una questione di sicurezza nazionale, volta a proteggere il Paese da (altri) ribelli Hutu che operano nella parte orientale della Rdc.
Probabilmente c’è dell’altro: secondo i dati del governo del Ruanda sulle esportazioni di coltan (columbite-tantalite), nel 2023 il Paese, con 2.070 tonnellate, è stato il più grande esportatore globale di questo minerale. Il secondo paese al mondo nella classifica dell’export di coltan è la Rdc, che ha un territorio molto più vasto del piccolo vicino ruandese e che nel 2023 ha esportato 1.918 tonnellate di questo minerale.
Sommati insieme, tra il 2014 e il 2023 i due Paesi hanno esportato 32.702 tonnellate di coltan. In un arco di tempo di dieci anni, la Rdd ha esportato la maggior parte del coltan prodotto nel bacino del fiume Congo, 17.330 tonnellate contro le 15.374 tonnellate del Ruanda, ma sul terreno sta attualmente soffrendo il conflitto con le varie formazioni armate attive nella regione e le forti tensioni in atto con il vicino. Un anno fa, commentando l’accordo stipulato dal Ruanda con l’Unione europea finalizzato a promuovere catene del valore “sostenibili e resilienti” per le materie prime critiche, coltan compreso, il presidente congolese Tshisekedi ha accusato Bruxelles di essere “complice” nel saccheggio delle risorse alla Rdd: Il Ruanda oggi si costruisce grazie alle risorse rubate alla Repubblica democratica del Congo” e i minerali dell’accordo con l’Europa sarebbero “prodotti rubati” alla Rdc.