Emmanuel Macron ha riconosciuto , “in nome della Francia” , che l’avvocato algerino Ali Boumendjel fu effettivamente “torturato e assassinato” dall’esercito francese durante la guerra d’Algeria. Un’ammissione storica che finalmente rende giustizia a Boumendjel, avvocato e attivista politico algerino, morto il 23 marzo del 1957 durante circostanze mai chiarite.
Boumendjel fu arrestato il 9 febbraio 1957 durante la Battaglia di Algeri, detenuto per giorni in luoghi diversi, torturato e assassinato 43 giorni dopo l’arresto per ordine del comandante Paul Aussaresses, responsabile di aver poi detto a uno dei suoi subordinati di mascherare l’omicidio in suicidio. Fu gettato dal sesto piano di un edificio che ospitava un centro di tortura, situato a El Biar sulle alture di Algeri.
Ali Boumendjel nacque il 23 maggio 1919, a Relizane, in una famiglia colta, amante dei viaggi, cultura e lotte politiche. Suo padre, un insegnante, gli trasmise il gusto della conoscenza che Ali fece fruttare sui banchi della facoltà di legge di Algeri. Si interessò alle fonti dell’Illuminismo per poi impegnarsi presto in politica, contro l’ingiustizia del sistema coloniale e per l’indipendenza dell’Algeria. Il discorso che fece nel 1955 al Congresso Mondiale di Helsinki fu una storica testimonianza di pace.
Lo stesso Paul Aussaresses ha confessato di aver ordinato a uno dei suoi subordinati di ucciderlo e di far sembrare il crimine un suicidio, riferisce l’Eliseo.
La guerra d’Algeria (anche guerra d’indipendenza algerina), è il conflitto che oppose tra il 1º novembre 1954 e il 19 marzo 1962 l’esercito francese e gli indipendentisti algerini guidati dal Fronte di Liberazione Nazionale (Fln, Front de Libération Nationale). La guerra, episodio chiave della decolonizzazione, fu particolarmente cruenta, con un altissimo numero di vittime, soprattutto tra i civili algerini. Tra le vittime, anche Ali al quale solo ora è stata resa giustizia.