Scontri tra le ramificazioni di al-Qaeda e dell’Isis nel Sahel si sono verificati nelle ultime settimane nella regione delle tre frontiere, tra Burkina Faso, Mali e Niger. Un’occasione per il ricercatore dell’Acled (Armed Conflict Location & Event Data Project) Heni Nsaibia di fare il punto sul vero e proprio conflitto che oppone i due gruppi armati.
“Il conflitto tra il gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani (Jnim) affiliato ad al-Qaeda e lo Stato islamico nel Grande Sahara (Isgs) è tra i più cruenti al mondo” afferma l’analista in un testo condiviso dall’Ispi.
Jnim e Isgs condividono origini comuni nella rete di al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi): l’Isgs si è formato nel 2015 dopo essersi separato da Al-Mourabitun affiliato ad al-Qaeda, sebbene il suo rapporto con le controparti allineate con Aal-Qaeda sia rimasto caratterizzato da collusione, coesistenza e accordi territoriali taciti. Formato nel 2017, lo Jnim ha riunito diversi gruppi jihadisti disparati – tra cui la filiale del Sahara di Aqmi, Al-Mourabitoun, Ansar Dine e la Katiba Macina in un conglomerato saheliano – e ha anche incorporato il gruppo jihadista burkinabé Ansarul Islam.
“La relazione unica tra i due gruppi è stata plasmata da legami personali di lunga data, azioni coordinate per affrontare nemici comuni e mancanza di lotte intestine jihadiste” scrive Nsaibia, parlando dei primi anni in cui i due gruppi collaboravano. L’Isgs è emerso come un gruppo piccolo e oscuro, dotato di un’infrastruttura multimediale rudimentale, al contrario dello Jnim che ha ereditato la forza numerica combinata, le capacità militari e mediatiche dai suoi già noti gruppi costituenti”.
L’Isgs ha però saputo sfruttare l’assenza di Stato nelle comunità remote, la sensazione di abbandono delle popolazioni, e le rivalità tra le popolazioni pastorali nella zona delle tre frontiere. “Attingendo a una serie di conflitti e questioni locali, l’Isgs è anche riuscita a incorporare unità dello Jnim indebolite o marginalizzate.
Percezioni reciproche di tradimento, l’apertura dello Jnim a un dialogo con il governo maliano, la firma di accordi con i miliziani dozo, l’integrazione nell’Isis come entità distinta dall’Iswap, hanno fatto crescere la concorrenza.
L’insurrezione – ricorda il ricercatore – ha raggiunto il suo apice nel 2019 quando Jnim e Isgs in un’offensiva simultanea hanno invaso gli avamposti militari nella regione di confine dei tre Stati, costringendo gli eserciti locali a ritirarsi. “In quell’anno, le attività di Isgs avevano raggiunto un livello quasi alla pari con quelle dello Jnim”.
Ma “la disunione e la lotta tra Isgs e Jnim alla fine hanno indebolito l’insurrezione. Ancora più importante, i combattimenti riflettono uno spostamento nel rapporto di forza tra i due gruppi e la capacità dell’Isgs a sfidare seriamente lo Jnim. (…) Lo Stato Islamico si vanta spesso delle presunte vittorie dell’Isgs contro lo Jnim, nella sua propaganda. Ciò riflette la richiesta della Centrale dello Stato Islamico alla sua affiliata regionale di adottare un atteggiamento più ostile nei confronti del suo avversario di Al-Qaeda”. Lo Jnim, al contrario, ha usato narrazioni di vittime per screditare la presa di mira spesso eccessiva del rivale sui civili. “Questo fa parte dell’approccio più completo dello Jnim alla costruzione di un ampio sostegno popolare attraverso la ricollocazione e l’integrazione della sua lotta. Isgs e Jnim mostrano traiettorie contrarie e approcci diversi”. Pesa sempre di più il costo della guerra dinanzi alla pressione continua delle forze contro il terrorismo guidate dalla missione francese Operazione Barkhane. “Questa scomposizione potrebbe già essersi verificata in alcune località, come nel Burkina Faso orientale, dove ci sono stati combattimenti sporadici. Di conseguenza, Isgs e Jnim potrebbero accettare un modus vivendi, anche se è improbabile che la relazione torni allo status quo ante bellum”, conclude Nsaibia.