Guinea Equatoriale: graziati quindici golpisti, si spera per un cittadino italiano

di claudia
mercenari

di Andrea Spinelli Barrile

Un gruppo di quindici presunti mercenari ciadiani è stato rimpatriato in Ciad dalla Guinea Equatoriale, con tanto di decreto di grazia presidenziale. I quindici individui, che si trovavano in carcere in Guinea Equatoriale dal dicembre 2017 perché accusati e condannati dalla giustizia equatoguineana di avere organizzato e cercato di attuare un colpo di Stato, sono stati graziati dal presidente della Guinea Equatoriale, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, e sono stati rimpatriati nel loro Paese di origine.

Lo si apprende da una nota ufficiale del governo della Guinea Equatoriale. Tra loro, è stato rimpatriato anche Mahamat Kodo Bani, ex-ufficiale ciadiano con un passato di comandante dei ribelli centrafricani Seleka, indicato come leader di questi golpisti, che avrebbe cercato di infiltrarsi nel Paese tramite la frontiera con il Camerun. Dal 1990 al 2005 è stato generale della sicurezza presidenziale, la guardia pretoriana del Presidente Idris Déby Itno, per poi disertare e unirsi nel 2008 all’Unione della forze per il cambiamento e la democrazia (Ufcd), un gruppo ribelle ciadiano che aveva base in Darfur, nell’ovest del Sudan. Arrestato nel 2010 dalle autorità ciadiane, nel 2013 Bani riappare nella Repubblica Centrafricana come comandante della Seleka, la coalizione ribelle che nel marzo di quell’anno rovesciò il Presidente François Bozizé.

Teodoro Obiang Nguema
Teodoro Obiang

Il rimpatrio è avvenuto mercoledì 28 agosto: questi cittadini ciadiani sono arrivati all’aeroporto internazionale Hassan Jamous di N’Djamena, dove José Luis Mosuy, capo delle Forze armate nazionali della Guinea Equatoriale, li ha consegnati al ministro ciadiano della Pubblica sicurezza, Charfadine Mahadi, alla presenza di Leandro Ebang Miko Angue, ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Guinea Equatoriale accreditato in Ciad. Le autorità ciadiane hanno espresso il loro “dolore”, condannando “tale azione mercenaria” e prendendo in consegna i suoi cittadini, il cui destino giudiziario è sconosciuto.

Il processo sui fatti di quel presunto golpe fu un evento epocale in Guinea Equatoriale: iniziato nel 2019, ha visto ben 110 imputati, tutti accusati di aver preso parte a un tentato colpo di stato contro il presidente Teodoro Obiang, sventato dalle Forze armate nazionali. Tutti gli imputati sono stati condannati a pene da tre a 90 anni di carcere. Tra loro vi sono anche Fulgencio Obiang Esono, un ingegnere italiano di origini equatoguineane, e il suo amico Francisco Micha, un equatoguineano di 68 anni che viveva in Spagna dalla fine degli anni Novanta. I due sono stati arrestati illegalmente in Togo dai servizi segreti equatoguineani e trasferiti segretamente in Guinea Equatoriale, dove sono ricomparsi con i ceppi ai piedi in tenuta da detenuto. Partiti da Roma per questioni di affari proprio in Togo, dal 18 settembre 2018 erano diventati irrintracciabili. Ci sono voluti quattro mesi per avere loro notizie, per avere la conferma che fossero stati rapiti dai servizi e trasferiti in una extraordinary rendition nel Paese di origine. Sono stati poi condannati, meno di un anno dopo, a 60 anni di carcere a testa e, da allora, le loro famiglie vivono un incubo e non capiscono come un viaggio d’affari in Togo possa essersi concluso in una prigione della Guinea Equatoriale.

Fulgencio Obiang Esono

Nato in Guinea Equatoriale nel 1970 ma cittadino italiano dal 2013, di Pisa, Fulgencio Obiang Esono è ingegnere ed era partito per il Togo su invito di un’azienda francese che operava in quel Paese.

“La notizia della grazia in favore dei ciadiani che erano stato giudicati colpevoli del tentato colpo di Stato del 2017 fa sperare che un provvedimento del genere riguardi anche il cittadino italiano Fulgencio Esono Obiang, condannato a quasi 60 anni di carcere per lo stesso motivo”, ha detto ad Africa Rivista Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia e attivo sin da subito per denunciare il caso di questo cittadino italiano, l’ennesimo, sequestrato in Guinea Equatoriale: “Come sappiamo, ad aprire le celle delle prigioni non è la bacchetta magica ma sono la pressione dal basso e l’azione diplomatica dall’alto. La prima non è mai mancata, ora è tempo che la seconda – al di là delle dichiarazioni di “attenzione alla vicenda” di circostanza – si sviluppi in modo incisivo per riportare Fulgencio a casa, in Italia”. Amnesty International ha adottato Fulgencio Esono Obiang come “prigioniero di coscienza”.

Il processo contro i presunti golpisti si è svolto a Bata tra marzo e maggio del 2019: secondo gli osservatori presenti, è stato caratterizzato da numerose irregolarità e molti degli imputati erano in prigione da oltre un anno senza neanche sapere di cosa fossero accusati.

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