di Annamaria Gallone
Un ritratto di Haile Gerima, celebre regista etiope indipendente, professore di cinema alla Howard University di Washington. La sua opera scaturisce dall’urgenza della collera contro ogni forma di oppressione – sia essa coloniale, feudale, razziale, sociale o culturale.
In attesa di recensire i film della 74° edizione del Festival di Berlino iniziata in questi giorni, che tra l’altro avrà in giuria Lupita Nyong’o, l’attrice keniota- messicana di Black Panter e il nuovo film di Alice Diop, la regista dell’acclamatissimo Saint Omer, vorrei soffermarmi su uno dei protagonisti della panoramica del cinema africano, il grande regista etiope Haile Gerima. La sua opera scaturisce dall’urgenza della collera contro ogni forma di oppressione – sia essa coloniale, feudale, razziale, sociale o culturale. Esplorando il presente, il passato e il rapporto con le radici, fino a ricostruire la storia di un popolo come cura contro l’alienazione, la sua macchina da presa si fa arma di resistenza e di lotta per la memoria, e ci rammenta che il cinema è uno strumento potente per decolonizzare le menti.
Regista indipendente, professore di cinema alla Howard University di Washington, DC, è nato (1946) e cresciuto in Etiopia, per poi emigrare negli Stati Uniti nel 1967. Seguendo le orme di suo padre, drammaturgo e drammaturgo, Gerima ha studiato recitazione a Chicago prima di entrare alla UCLA School of Theatre, Film and Television, dove la sua scoperta dei film latinoamericani lo ha ispirato a sfruttare la propria eredità culturale. Il suo film di tesi, Bush Mama (1975), girato in 16 mm in bianco e nero, con Charles Burnett alla fotografia, chiude la trilogia sulla condizione dei neri negli Stati Uniti (dopo Hour Glass e Child of Resistance), divenendo una pietra miliare del New Black Cinema. Nel quartiere ghetto di Watts (Los Angeles) Dorothy si risveglia a una coscienza politica. Con potenza, Gerima racconta una violenza che risuona ancora brutalmente attuale.
Il regista ha ricevuto diversi riconoscimenti internazionali con Harvest: 3000 Years (1976), un dramma che ha vinto il Gran Premio al festival cinematografico di Locarno. Ambientato in un villaggio di montagna in Etiopia, narra la lotta per la sopravvivenza di una famiglia di contadini sotto la tirannia dei proprietari terrieri. Il montaggio cadenza il ritmo del lavoro del campo, con la ribellione contro l’ordine sociale, la resistenza agli espropri e al colonialismo. Girato nel 1974 in 16mm durante la guerra civile in condizioni estreme e con attori non professionisti, “possiede un senso di urgenza che pochi film hanno. È la storia di un intero popolo e del suo desiderio collettivo di giustizia e speranza” (Martin Scorsese).
Un altro grande capolavoro è il pluripremiato Ashes & Embers (1982), che racconta la rivoluzione interiore di Nay Charles, un reduce del Vietnam che alienato e tormentato vaga nel caos politico alla ricerca di un senso. L’incontro con la nonna, depositaria della memoria della schiavitù e delle leggi razziali, lo porta a ripensare non solo il suo ruolo nella guerra, ma anche quello di uomo nero negli Stati Uniti. Il film ha ricevuto il Premio FIPRESCI al Festival di Berlino 1983. Seguono i documentari Wilmington 10—USA 10.000 (1978) e After Winter: Sterling Brown (1985), per giungere poi a quello che da molti è considerato il suo capolavoro assoluto: il suo film epico Sankofa (1993). In lingua akan, il Sankofa rappresenta l’esortazione a conoscere il passato per costruire il futuro. Davanti alla casa degli schiavi di Cape Coast in Ghana, la modella africana americana Mona viene richiamata dagli spiriti e trasportata nel passato in una piantagione di zucchero. Un contro racconto sulla resistenza degli schiavi narrato dal loro punto di vista, con uno stile non lineare dove si intrecciano memoria, oralità e linguaggio iconico. Opera indipendente, Sankofa è un film culto restaurato nel 2021. Questa storia è stata ignorata dai distributori statunitensi, ma Gerima ha attinto alle comunità afroamericane e ha ripetuto infinite proiezioni sempre esaurite nelle sale indipendenti di tutto il paese.
Del 1999 è Adwa, an African Victory: il regista rivisita la battaglia di Adua del 1896 in cui il popolo etiope al seguito dell’imperatore Menelik II e della moglie Taitu sconfisse le forze d’invasione italiane. Quest’opera complessa interroga la storia e la sua trasmissione: la memoria anticoloniale dei più anziani si intreccia con la rilettura di diversi materiali d’archivio, miti, monumenti, racconti, poesie e canti popolari su questa vittoria etiope, divenuta un simbolo per il movimento panafricano.
Nel 1996, ha fondato il Sankofa Video and Bookstore a Washington, DC., uno spazio culturale e intellettuale che offre opportunità di autoespressione, interazione, discussione e analisi attraverso eventi comunitari come proiezioni di film, presentazioni di libri, forum di studiosi e vetrine di artisti. Tiene inoltre conferenze e conduce seminari di sceneggiatura e regia alternativa sia negli Stati Uniti che a livello internazionale.
Gerima continua a distribuire e promuovere i suoi film, incluso il suo più recente successo festivaliero, Teza (2008), che ha vinto il premio della Giuria e quello per la Miglior Sceneggiatura al Festival del Cinema di Venezia. Siamo in Etiopia 1991. L’intellettuale Anberber ritorna al suo villaggio. Cresciuto al tempo dell’impero di Hailé Selassié, partito pieno di speranze e ideali per studiare nella Germania dell’Est, al suo rientro è impietrito di fronte a un paese sconvolto dalla violenza del Derg. Stanco e menomato, ricorda il padre ucciso dai gas usati dagli italiani e cerca di ricostruire la propria storia e quella del suo popolo. La narrazione a spirale, ricca di inserti e flash back, segue il filo e le digressioni delle sue reminiscenze, tra ricordi intimi e analisi politica.
Ricordo bene Haile, di fronte a un numeroso gruppo di studenti di cinema, esclamare con veemenza: Registi! Non potete diventare registi se non conoscete la storia!… Io lotto con la mia camera per avere diritto alla memoria. In queste parole il significato icastico di tutta la sua opera.
Bibliografia:
Archivio Nazionale cinematografico della resistenza. Torino
Tutto il cinema di Haile Gerima a cura di Daniela Ricci