Fidel Castro è morto. Aveva 90 anni e aveva trascorso una vita all’insegna della rivoluzione. Quella rivoluzione che l’aveva portato al potere a Cuba scalzando il regime del corrotto Batista. Quella rivoluzione che si ripromise di esportare in tutto il mondo. Africa compresa.
La lotta di Castro e dei cubani si inserisce in un panorama strategico bipolare. Stati Uniti e Unione sovietica si contrapponevano proponendo modelli di società diverse e lottavano in ogni parte del mondo per strapparsi zone di influenza. La Cuba di Castro era indubbiamente un pilastro del blocco sovietico. Ne era, in qualche modo, il braccio movimentista e insurrezionale. Per questo i leader cubani, Fidel Castro, ma anche Ernesto Che Guevara e Camilo Cienfuegos, erano idoli dei giovani del Sessantotto. Castro cercò di destabilizzare innanzi tutto i regimi latinoamericani, ma i cubani operarono anche in Africa.
Il primo fronte sul quale furono impegnati fu il Congo. Nel 1960 il Congo aveva ottenuto l’indipendenza dal Belgio, ma era presto scoppiata una guerra civile. Nel 1965 Ernesto Che Guevara e una dozzina di altri cubani si recarono in Congo. Si dice che Fidel Castro volle quella missione per togliersi di torno il Che, amico sì, ma anche pericoloso concorrente in una eventuale lotta di potere. Il Che e i suoi compagni avevano la missione di addestrare e aiutare i combattenti che si opponevano a una leadership sostenuta dall’Occidente. La missione fu un fallimento. Il racconto di quei giorni è contenuto in un diario di Guevara che è stato pubblicato con il titolo «L’anno in cui non siamo stati da nessuna parte» (Ponte alle Grazie, Firenza, 1994, pp. 260).
Il fronte africano in cui i cubani furono più impegnati fu però quello dell’Angola e della Namibia. Dopo l’indipendenza dell’Angola, Cuba corse in soccorso del regime filo sovietico di Agostino Neto e poi di Eduardo dos Santos (tuttora al potere, ma oggi trasformato in un satrapo amico dell’Occidente). Fidel inviò 55mila uomini, carri armati, artiglieria pesante e pure dei cacciabombardieri. La crisi fu molto seria e interessò anche la Namibia (dove i cubani si scontrarono con i sudafricani). La lunga permanenza in Angola si trasformò per Cuba in una sorta di Vietnam. Le perdite furono numerose così come la perdita di mezzi. I cubani si ritirarono dopo la firma del trattato di pace nel settembre 1988.
Nel frattempo, in Etiopia (dove il regime comunista del Derg aveva abbattuto la millenaria dinastia salomonica) era iniziata una guerra con la Somalia per il controllo della regione di Ogaden. Cuba intervenne a favore del governo etiope, inviando 15mila uomini, veicoli militari, elicotteri e artiglieria pesante. Le forze cubane lanciarono offensive in maniera autonoma, e contribuirono alla sconfitta della Somalia nel 1978.
La solidarietà socialista portò i cubani anche in Mozambico sostegno dei guerriglieri del Frelimo, la formazione marxista che combatteva i colonialisti portoghesi.
Negli anni, Fidel Castro volle sviluppare alleanze non solo militari con Paesi africani filo-sovietici o non allineati come Algeria, Egitto, Ghana, Tanzania, Guinea, Capo Verde, Congo (Brazzaville), Guinea Bissau, Burkina Faso. Il Lider Maximo strinse buoni rapporti con grandi personaggi africani come Julius Nyerere, Houari Boumedienne, Thomas Sankara e Nelson Mandela (che sostenne nella sua lotta contro l’apartheid).
Il rapporto con l’Africa non si è concluso neppure con la fine del blocco sovietico. Fidel Castro, e poi suo fratello Raul che gli è subentrato al potere, hanno mantenuto solide relazioni con il continente africano. Secondo Granma, il giornale del partito comunista di Cuba, attualmente lavorano ancora in Africa 5.000 cubani: 2.442 sono nella sanità, 247 nell’educazione, 82 nel settore tecnico, 72 nell’edilizia civile. I Paesi africani con il maggior numero di cooperanti cubani, alla fine del primo trimestre di quest’anno, erano Angola (2.742), Algeria (905), Guinea Equatoriale (507), Mozambico (389), Sudafrica (329), Gambia (114), Namibia (113) e, con meno di cento, Botswana, Gabon, Congo, Capo Verde, Guinea Bissau, Burkina Faso, Zimbabwe, Repubblica Araba Saharawi Democratica, Eritrea, Etiopia, Tanzania.
E la morte di Fidel non interromperà questo legame.