In Africa occidentale si chiama wax, in quella orientale kanga, ma sempre dello stesso tessuto stampato a cera (prima artigianalmente, ora industrialmente) si tratta. Africano per modo di dire, perché le sue origini sono altrove (Indonesia), la dinamica che l’ha portato e fatto conoscere sul continente è stata incontrovertibilmente coloniale e il suo principale produttore, Vlisco, è un brand olandese. Ma siccome la storia è scandita da spostamenti e assimilazioni, questa stoffa dall’elevato e imprevedibile potenziale creativo è diventata parte integrante dell’identità e dell’estetica africana e, dunque, anche della sua industria fashion.
Anne Grossfilley è un’antropologa francese che da parecchi anni fa ricerca proprio sul wax, sui messaggi che esso veicola e sul suo mercato. I frutti di tanto lavoro sono ora raccolti nel volume Wax & co. Anthologie des tissus imprimés d’Afrique (Éditions de La Martinière), che si sofferma anche sugli aspetti più contemporanei della vicenda, come le strategie di marketing escogitate dai produttori africani per conquistare fettine di mercato e competere con il gigante Vlisco.
(Stefania Ragusa)