Reportage da Bantako, nella regione di Kédougou, dove i minatori cercano fortuna sotto terra. Da quando, dieci anni fa, è stato scoperto il prezioso metallo nel sottosuolo senegalese, migliaia di uomini e donne sono accorsi nella zona dei giacimenti.
Testo di Varinia Merlino – foto di Alessandro Cinque
Ci si accorge di essere alle porte di Bantako dal posto di blocco che precede il villaggio. All’alt dei militari vengono fatti scendere dall’auto tutti i passeggeri stranieri per il controllo dei documenti e qualche domanda. Accertata la regolare permanenza sul territorio dei presenti, si può ripartire. Ci troviamo in Senegal, nella regione di Kedougou, a sud-est del Paese. A circa 30 km dal capoluogo regionale, Bantako è uno dei tanti villaggi della zona conosciuto per le sue miniere d’oro e l’estrazione attraverso metodi tradizionali. A primo acchito si ha subito la percezione di trovarsi in un luogo che ha subito uno sviluppo rapido e disorganizzato. Il mercato al centro del paese le fa da padrona con negozi di ogni genere. Le poche case in cemento sono circondate da capanne o baracche di bambù dal tetto in lamiera. È evidente che i ricavati delle miniere non vengano reinvestiti nello sviluppo del villaggio.
D’altronde, una buona parte dei suoi abitanti oggi è composta da alloctoni: maliani, guineani, gambiani, burkinabé o ivoriani il cui obiettivo non è quello di stanziarsi ma di fermarsi il tempo necessario a trovare qualche grammo d’oro da commercializzare. Il villaggio nell’ultimo decennio ha subito una forte espansione geografica e demografica, alimentata dalla febbre dell’oro che ha attirato sul sito numerosi migranti regionali e non in cerca di fortuna. Le tecniche di ricerca dell’oro a Bantako sono artigianali: dopo un’analisi del terreno con un metal detector, vengono scavate delle fosse, spesso distanti tra loro qualche decina di centimetri. I pozzi possono essere profondi più di 30 metri ed i minatori si calano all’interno con delle corde ed una torcia legata alla testa. Prima di procedere con la discesa, le pareti vengono messe in sicurezza con dei grossi ceppi di legno tagliati ed incastrati accuratamente. Ciò lascia qualche speranza di sopravvivenza al minatore in caso di cedimenti del terreno.
A Bantako si lavora duramente anche se il caldo è asfissiante. Il silenzio è rotto soltanto dal rumore dei motori delle macchine che frantumano la roccia. Nel villaggio regna una calma apparente, mantenuta da una struttura sociale ben organizzata. A garantire un equilibrio in seno alla comunità, infatti, c’è un’organizzazione in cui sono implicati sia gli abitanti che i lavoratori coinvolti nello sfruttamento della risorsa aurifera. Il capo-villaggio, Dougoutigui in lingua malinké, è la figura più rilevante di questa gerarchia e rappresenta l’autorità più alta. A seguire ci sono i capi delle dioura (così viene chiamata la zona dedicata agli scavi), detti Diouratigui; essi sono incaricati della gestione del sito e della sua protezione dal punto di vista spirituale. I capi Tombolomas, invece, svolgono il ruolo di agenti di sicurezza sia delle dioura che dei lavoratori. In fondo ci sono i proprietari dei buchi (damas), detti Damatiguis, ed a concludere i lavoratori.
Le dioura si trovano ad un paio di chilometri dal villaggio. A metà strada tra queste due zone si possono incontrare delle donne alla ricerca dell’oro alluvionale: una pratica in prevalenza femminile che si svolge ai bordi dei corsi d’acqua. Trattandosi di lavori prevalentemente informali, sono molte le figure che compongono la catena di produzione: dai cercatori d’oro, ai proprietari o responsabili dei pozzi, ai finanziatori, dagli scavatori, ai tiratori, ai frantumatori della roccia, ecc. Solitamente i pezzi di roccia che si pensa contengano oro vengono messi in grossi sacchi di riso da 50 kg, che una volta riempiti vengono acquistati da proprietari dei frantoi. Questi ultimi si occupano della frantumazione della roccia che, dopo essere stata ridotta in polvere, viene mescolata con una miscela di acqua e mercurio e fatta passare su un’asse inclinata ricoperta da moquette che trattiene le particelle metalliche.
Il costo dei sacchi può variare a seconda di quanto oro si pensa possano contenere: se dopo una verifica si ritiene che possa esserci qualche grammo al suo interno, un sacco può costare fino a 50.000 franchi CFA (circa 76 euro). Non sempre però questo passaggio avviene. Molti minatori, infatti, si occupano loro stessi della frantumazione delle rocce ed in caso di fortuna commercializzano direttamente l’oro trovato. Un grammo di oro viene venduto a 22.000 FCFA ai compratori locali, poco più di 33 euro. Anche la commercializzazione dell’oro a Bantako passa maggiormente attraverso reti informali, tanto che la maggior parte di esso non arriva a Dakar. La distanza tra le due regioni è troppa ed i controlli sono molti. In assenza di autorizzazioni, dunque, è più facile attraversare i confini per il contrabbando dell’oro in Mali ed in parte minore in Guinea. Oltre al fattore logistico, a favorire questo passaggio è l’origine etnica dei compratori maliani, spesso bambara, appartenenti allo stesso gruppo etnico dei malinké, che dirigono ed inquadrano l’estrazione dell’oro in Senegal. Tuttavia, esiste una rete di intermediari senegalesi che riforniscono i negozianti di Dakar ma gli ostacoli legati all’informalità sia dell’estrazione che della commercializzazione scoraggiano gli acquirenti che desiderano vendere l’oro nella capitale.
Il mercato che gira attorno a questa risorsa ha alimentato la diffusione di atri fenomeni collaterali, come l’abbandono scolastico e la prostituzione. Molti ragazzi abbandonano la scuola in cerca di un guadagno immediato, sognando un avvenire più ricco di quello che pensano la scuola possa garantire loro. Molte ragazze, invece, si recano nei villaggi auriferi da tutto il paese e da quelli limitrofi, consapevoli di trovare fortuna vendendo il proprio corpo. Bantako, come altri villaggi della regione quali Tinkoto, Kanouméring, Kabatéguin da o Tomboronkoto, sembrano microcosmi a parte. Complicati da capire, difficili da interpretare. Molte realtà si celano dietro questi mondi a sé stanti che meriterebbero di essere approfondite una ad una. In fondo, però, a Bantako non c’è tempo di fermarsi a parlare.