I copti nell’Egitto di Nasser, di Alessia Melcangi

di AFRICA

Non mancano i motivi per provare a saperne e capirne di più dei copti. L’Egitto – Paese indiscutibilmente cruciale da tanti punti di vista – compare con una frequenza relativamente alta nelle cronache, e non solo a proposito di Giulio Regeni (ci associamo una volta di più al grido «verità», ancora così inascoltato, lanciato al presidente egiziano). Fra i tanti temi c’è appunto quello dei cristiani “egiziani” – è questo che “copti” vuol dire –, che da lontano noi tendiamo a vedere come una minoranza (comunque non insignificante: potrebbero essere il 10% su una popolazione che si avvicina ai cento milioni), una minoranza per lo più perseguitata o comunque messa all’angolo. E c’è molto di vero. Abbiamo in memoria carneficine in chiesa, i venti giovani sgozzati nel 2015 dall’Isis (e dichiarati martiri dal papa Tawadros II), l’attacco, un anno fa, a un pullman di pellegrini… E poi alcune notizie in controtendenza, come l’inaugurazione, a gennaio, della nuova, maestosa cattedrale nell’erigenda città amministrativa del Cairo, presente al-Sisi. O il ricordo di quando, a piazza Tahrir 2011, uno degli slogan memorabili fu: «Cristiani, musulmani: una sola mano».

In altre parole, la realtà, da vicino, è sempre più articolata di quanto non sembri a prima vista. E Alessia Melcangi, ricercatrice specializzata in storia contemporanea mediorientale e dell’Egitto in particolare, è andata a indagare su un periodo – l’era Nasser (1952-70) – decisivo per il Paese nonché per la comunità copta stessa: una comunità religiosa che della storia egiziana non è muta spettatrice. Uno dei fermi immagine emblematici vede il papa copto Cirillo VI (con fama di santità ancora da vivo) al fianco di Nasser. «La Chiesa copta si allineò al regime di Nasser in nome del nazionalismo egiziano […] – scrive Bernard Heyberger nella sua chiarificatrice prefazione –. Nasser poteva presentare sulla scena la sua immagine unificatrice di arbitro del popolo egiziano, rispettoso della sua diversità. Nello stesso modo poteva appoggiarsi su Cirillo VI per raccogliere i voti copti […], mentre il patriarca poteva contare sul rais per mettere a tacere i dissensi all’interno della sua comunità». Perché la complessità della storia copta non riguarda solo le relazioni con il potere civile, e con l’islam, ma anche il proprio interno.

Un’ampia introduzione dell’autrice offre informazioni basilari e chiavi di lettura illuminanti anche per i profani. Un’opera rara, nel suo genere, soprattutto per il pubblico italiano.

Carocci, 2017, pp. 270, € 29,00

(Pier Maria Mazzola)

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