I droni che salvano vite

di claudia
drone

di Mariachiara Boldrini

L’Uganda supera le barriere geografiche con le tecnologie: nelle isole Ssese, sul Lago Victoria, i farmaci per l’HIV arrivano grazie ai droni e l’esperimento si appresta ad essere esportato anche in altri continenti. 

Dal 29 Luglio al 2 Agosto si è tenuta a Montreal la ventiquattresima conferenza internazionale sull’AIDS. Per la prima volta due team di scienziati hanno presentato un’importante ricerca riguardante l’impatto della tecnologia dei droni sulla distribuzione di farmaci per l’HIV in zone difficilmente accessibili. L’idea – finanziata da Johnson & Johnson – è stata testata nel distretto di Kalangala, in Uganda e ha visto coinvolti il centro sanitario di Bufumira, il Ministero della Salute di Kampala, l’Academy for Health Innovation e un istituto di ricerca affiliato alla Makerere University, l’Infectious Diseases Institute.

L’eradicazione dell’HIV è per l’Uganda un obiettivo quasi irraggiungibile senza un utilizzo intelligente della tecnologia, perché le zone che ne sono più colpite sono geograficamente e logisticamente isolate. Se il tasso di prevalenza della malattia nel Paese è infatti del 5,6%, nel distretto di Kalangala si aggira attorno al 18%, con picchi – nelle zone più remote – del 40.

La situazione peggiore riguarda gli abitanti delle isole Ssese, un arcipelago di 84 atolli nel Lago Victoria, il grande bacino di acque dolci che si estende tra Uganda, Tanzania e Kenya. Le isole, abitate da quasi 70mila persone e situate a poco meno di 100 chilometri dalla capitale Kampala, sono ancora oggi raggiungibili solo via barca, col rischio che le condizioni metereologiche mettano in seria difficoltà la consegna dei medicinali.

I farmaci salva-vita arrivano volando

L’utilizzo dei droni, già sperimentato in Ghana e Ruanda per fornire sangue e medicinali a più di 22 milioni di persone, vuole dare soluzione alla difficoltà di rifornimento del sistema sanitario ugandese nelle isole che, sommato allo stile di vita nomade dei pescatori, è tra le principali motivazioni che limitano l’accesso a cure adeguate per metà delle persone malate residenti. Ogni mese sono programmati venti voli per garantire la soddisfazione di esigenze sanitarie vitali a oltre mille persone affette da HIV nei 78 gruppi comunitari che vivono nell’arcipelago. Esperti locali controllano il decollo e l’atterraggio di ogni velivolo che, alla fine di un viaggio di una decina di chilometri sopra il lago tropicale più grande al mondo, assicura una distribuzione per tre mesi di medicinali anti – retrovirali a circa15 persone. Punto nevralgico del progetto è l’isola di Bufumira, dove i farmaci arrivano via mare prima di essere caricati sui dispostivi aerei, pensati per reggere fino a un chilogrammo di peso e percorrere fino a 150 km.

L’iniziativa non è esente da critiche, perché non intacca lo strutturale problema di budget del sistema sanitario ugandese, condannato spesso dalla pubblica opinione a causa della scarsa disponibilità di medicinali anche nelle strutture sanitarie pubbliche facilmente raggiungibili su strada. Non vi sono dubbi, però, sui notevoli vantaggi della distribuzione di medicinali attraverso i droni rispetto a quella in barca. In primo luogo i tempi di consegna si sono ridotti da 35 a 9 minuti e gli inconvenienti riguardanti il rischio di pioggia sono stati completamente eliminati. Oltre al rispetto delle tempistiche e a una maggiore aderenza al trattamento da parte dei pazienti che possono prendere i farmaci nei tempi adeguati grazie alla loro disponibilità, tra i risultati riguardanti il successo della sperimentazione è stato sottolineato anche un risparmio di tempo e denaro. In passato, infatti, gli operatori sanitari che visitavano le isole trascorrevano più della metà del loro tempo a richiedere nuove forniture di farmaci, mentre adesso parte del progetto prevede una formazione specifica per i medici delle strutture locali per distribuire alla popolazione i medicinali trasportati dai droni.

Il “metodo africano” contro l’HIV

L’Academy for Health Innovation ha assicurato che il progetto sarà presto esteso anche al West Nile, una regione settentrionale ugandese, e Andrew Kambugu, direttore esecutivo dell’ Infectious Disease Institute di Kampala, ha affermato che garantire che tutte le persone abbiano un accesso equo ai trattamenti moderni per l’HIV è “una delle sfide più significative per la salute ugandese e globale”. Sembra, infatti, che l’Africa stia finalmente utilizzando le moderne tecnologie per superare le difficoltà geografiche e logistiche e far fronte a questa piaga che affligge il continente da più di mezzo secolo.

Un altro esempio è quello di Conakry, dove i droni vengono utilizzati in sostituzione alle motociclette per aggirare il traffico della metropoli e consegnare rapidamente i campioni di sangue per il test diagnostico neonatale dell’HIV. Sebbene la bassa percentuale del PIL guineano stanziata per le cure mediche disincentivi l’implementazione diffusa dell’iniziativa, secondo Maxime Inghels, ricercatore del Lincoln International Institute for Rural Health, l’utilizzo dei droni è destinato a cambiare totalmente lo scenario dell’AIDS in Guinea Conakry: superando i ritardi delle consegne dovuti al congestionamento delle strade si potrà procedere a una diagnosi precoce della malattia, la mortalità infantile sarà notevolmente ridotta e fino a 24 anni saranno aggiunti all’aspettativa di vita media.

L’utilizzo dei droni per le riforniture mediche potrebbe essere una delle soluzioni alle difficoltà di erogazione dei sistemi sanitari pubblici africani, ma anche “un metodo africano” ripreso anche in altri continenti per mettere in atto un approccio differenziato di erogazione dei servizi. Gli Stati Uniti, per esempio, potrebbero ispirarsi all’Africa per colmare i gap di distribuzione medica nelle comunità indigene nativo-americane o dell’Alaska, dove secondo il Centers for Disease Control and Prevention le diagnosi di HIV sono in aumento.

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