I leader religiosi della Mauritania: «Eseguite la condanna a morte del blogger»

di Enrico Casale
mkhaitir
attivisti anti schiavitù in Mauritania

Attivisti anti schiavitù in Mauritania

Mohamed Ould Cheikh Ould Mkhaitir ora rischia davvero. Le autorità religiose della Mauritania hanno ufficialmente chiesto che la pena di morte del blogger sia eseguita senza esitazioni. «Mkhaitir ha commesso un’eresia – afferma un comunicato dei leader religiosi rilanciato dall’agenzia Reuters – e per la sua eresia è prevista la pena di morte, senza alcuna eccezione anche se si è pentito». «Chiediamo quindi – continua il comunicato – che le autorità competenti applichino la legge. Dovranno eseguire la pena capitale e seppellirlo in conformità con la legge di Dio». Parole durissime e senza alcuna pietà.

Ma che cosa ha commesso Mkhaitir? La sua colpa è aver scritto sul suo blog che una determinata interpretazione dei testi islamici che giustifica la schiavitù e la discriminazione è particolarmente retrograda e reazionaria. Occorre tenere conto che nella società mauritana, fino a poco tempo fa, era legale la schiavitù e che tuttora, nonostante la legge lo proibisca, continuano a esserci forme più o meno velate di schiavismo e di suddivisione in caste. Con il suo post, Mohamed, che fa parte alla casta inferiore dei maalemin (fabbri), intendeva difendere gli appartenenti ad essa, contrastando le interpretazioni reazionarie del Corano che avallano la discriminazione nei suoi confronti.

Schiavo in Mauritania

Schiavo in Mauritania

Il suo scritto gli è valso un processo per apostasia che si è concluso con la condanna alla pena capitale. E ciò, nonostante Mkhaitir abbia ritrattato, dicendo che il suo articolo è stato frainteso. Secondo il gruppo per i diritti Freedom Now, che gli fornisce consulenza legale, questo era il primo post scritto da Mkhaitir. Lui infatti non è un giornalista, né uno scrittore, né un attivista per i diritti umani. Si guadagna da vivere come ingegnere per una compagnia mineraria.

La pena di morte è prevista dall’ordinamento della Mauritania, ma non è più applicata dal 1987. La speranza è che, nonostante l’intervento dei religiosi, le autorità concedano la grazia al blogger o convertano la pena capitale in una detentiva.

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