Di Andrea Spinelli Barrile
Continuano le minacce alla stampa e ai giornalisti burkinabé, sempre più in difficoltà nello svolgere il proprio lavoro di cronisti. Secondo un comunicato congiunto firmato da diversi sindacati e organizzazioni della stampa burkinabé “le minacce alla stampa sono particolarmente aumentate dai colpi di stato del 24 gennaio 2022 e del 30 settembre dello stesso anno” e con il pretesto della “difficile situazione” di sicurezza in tutto il Paese le autorità militari continuano a “tentare di arruolare i media e limitare la libertà di espressione”.
La lettera aperta cita in particolare l’arruolamento forzato di Boukari Ouédraogo, giornalista burkinabè citato come “esempio degli abusi che si stanno verificando”. Secondo i giornalisti burkinabé “oggi alcuni nostri concittadini, comprese le autorità, per scopi che per il momento non conosciamo, accusano i media di mettere le loro penne, le loro telecamere e i loro microfoni al servizio dei terroristi. Coloro che sostengono questo tipo di argomentazioni hanno un problema con la verità”.
Secondo i giornalisti l’odio contro la categoria è aumentato con l’arrivo al potere del capitano Ibrahim Traoré: “Abbiamo assistito e assistiamo tuttora a incessanti appelli all’omicidio di giornalisti e opinion leader, complotti messi in piedi dal nulla per infangare la reputazione di alcuni nostri colleghi. Minacce e altre intimidazioni contro i professionisti dei media sono aumentate negli ultimi giorni. Queste fatwa sulla stampa burkinabè fanno parte di un piano machiavellico di demonizzazione del lavoro dei giornalisti, la cui unica sfortuna è rifiutare il bavaglio, la strumentalizzazione, la dettatura di un pensiero unico e la deificazione dell’autorità”.
Nella lettera si citano alcuni casi concreti, indicati a vario titolo come “nemici della patria” dalle autorità: Boowurosigué Hyacinthe Sanou, Boukari Ouoba, Lamine Traoré, Lookman Sawadogo, Newton Ahmed Barry, Alain Traoré dit Alain Alain e Radio Oméga. Oltre a questo, i media locali denunciano e ricordano la sospensione dei media francesi Rfi e France24, l’espulsione dei corrispondenti di Liberation e Le Monde, l’istituzione del Consiglio superiore della Comunicazione che ha sostituito l’autorità di regolamentazione dei media.