L’animale simbolo delle savane africane è conosciuto in tutto il mondo per la sua forza, temuto e ammirato per la sua maestosità. Assai meno note sono le leggi che regolano la sua spiccata socialità. E le minacce che incombono sul suo futuro. Alla scoperta della sofisticata società del più grande felino dell’Africa
di Gianni Bauce
Il ruggito rompe il silenzio della notte nella boscaglia africana. Scuote l’aria, vibra fin nelle viscere, incute timore riverenziale. È il richiamo del più grande felino africano, il leone. Un suono potente che cresce d’intensità, udibile fino a otto chilometri di distanza, ripetuto più volte e seguito da una lunga scia di brontolii e suoni gutturali.
Il ruggito ha precise funzioni: ribadisce la presenza del maschio e il suo status sul territorio, permette a ciascun esemplare di comunicare la propria posizione agli altri membri del branco, rinsalda i legami famigliari e sociali: una vera anomalia, quest’ultima, nel mondo dei felini.
Animale sociale
I felini sono una famiglia di carnivori dalla straordinaria uniformità morfologica: osservando un piccolo gatto domestico vi si ritrovano quasi le stesse caratteristiche fisiche e comportamentali di un grosso leopardo africano o di un leone e, a parte la varietà di dimensioni, ciascuna specie pare la miniatura o la gigantografia dell’altra.
Quasi tutti i felini conducono vite solitarie, i membri della stessa specie si evitano, fatta eccezione per il breve periodo fecondo delle femmine, durante il quale due individui di sesso opposto rimangono insieme alcuni giorni, fin tanto che dura l’accoppiamento, per tornare subito dopo alla propria esistenza solitaria. In rari casi, come nel ghepardo, si formano piccole coalizioni di maschi che conducono una vita gregaria.
Questo accade in quasi tutti i felini ad eccezione di uno: il leone. Il leone è l’unico felino sociale, organizzato in branchi che normalmente vanno da tre a una dozzina di individui, ma che in casi eccezionali possono superare anche la trentina.
Famiglia allargata
Dopo la lunga notte scossa dai loro ruggiti, finalmente li incontriamo sulla sponda del fiume, sdraiati sulla sabbia a riposare dopo ore d’intensa caccia. Ciò che salta subito all’occhio è la prevalenza di femmine sull’esiguo numero di maschi (che spesso si limita a un solo individuo), caratteristica che ci svela qualcosa di molto importante. Quella dei leoni è una società matriarcale e il cuore del branco non è altro che una famiglia allargata di femmine tutte imparentate tra loro: nonne, zie, madri, sorelle, figlie, nipoti, tutte legate da un indissolubile legame di sangue; soltanto nel caso in cui la popolazione di femmine scenda sotto la normale soglia, la famiglia accetta l’immigrazione di altre femmine.
I maschi, invece, sono di passaggio: figure temporanee, ma non per questo meno importanti, il cui apporto è quasi esclusivamente genetico nella loro funzione di padri delle nuove generazioni di cuccioli. Un maschio non rimane a lungo nel branco, la sua permanenza inizia in genere con la vittoria in uno scontro cruento con il precedente maschio residente, che viene in tal modo spodestato e allontanato (o addirittura ucciso) oppure, più raramente, attraverso il fortunato incontro con un branco di femmine temporaneamente sprovvisto di maschi. Il nuovo maschio si troverà a dover assolvere al suo compito principale, cioè fecondare le femmine e dare vita a una nuova generazione di leoni che tramanderà i suoi geni. Ma non è un compito semplice: il tempo a disposizione è scarso e i concorrenti agguerriti e numerosi.
Selezione genetica
Un maschio mantiene il suo status dominante in un branco per un periodo che va da uno a tre anni, più raramente fino a cinque-sei anni (in genere, in presenza di coalizioni di maschi). Per il nuovo arrivato non c’è quindi tempo da perdere: la sua presenza porterà presto le femmine “in calore”, ma esse non inizieranno l’ovulazione ancora per un lungo periodo (almeno sei mesi), a causa di un efficiente meccanismo fisiologico di selezione naturale che potremmo riassumere con la frase: “Vediamo un po’ se questo maschio si è veramente meritato il posto o se è solo stato fortunato”. Se è stato soltanto fortunato, ci sono elevate probabilità che un altro prenda ben presto il suo posto prima dell’ovulazione delle femmine, e i geni dell’immeritevole leone non saranno trasmessi alle generazioni future.
Ma se anche il maschio reggerà al “periodo di prova” e feconderà le femmine, dovrà attendere ancora tre mesi e mezzo prima di veder nascere la sua prole e almeno un altro intero anno prima che i suoi cuccioli raggiungano un’età sufficiente a metterli ragionevolmente al riparo dalla furia infanticida di un eventuale nuovo maschio, nell’eventualità che il padre perda il suo status di dominante nel confronto con un rivale.
Infanticidio?
Questo senso di urgenza si esprime anche attraverso una pratica che all’occhio umano appare aberrante, ma che ha uno scopo. Quando un maschio rivale sfida il maschio residente e lo sconfigge, assume il “comando” del branco e la prima cosa che fa è uccidere tutti i cuccioli al di sotto di un anno di età, talvolta anche scontrandosi violentemente con le madri che tentano di difenderli. Perché tanta crudeltà? È semplicemente un istinto indotto dalla natura per privilegiare la propagazione dei geni migliori. Il leone vincente risulta infatti il campione e, proprio perché ha prevalso sul maschio precedente, risulta migliore di lui e di conseguenza i suoi geni saranno migliori.
Allevare la prole altrui, attendere lo svezzamento dei cuccioli di un altro padre e l’entrata “in calore” delle femmine (che avverrà soltanto molto dopo lo svezzamento) è un dispendio di energie e di. L’eliminazione dei cuccioli provoca immediatamente l’estro nelle femmine e al nuovo leone vincente sarà garantito il massimo delle opportunità per tramandare i propri geni.
Beati i primi…
Ma da dove arrivano i leoni rivali che ogni maschio residente si prepara costantemente ad affrontare?
All’età di tre anni, i maschi abbandonano il branco, spinti anche dalla crescente intolleranza verso individui sessualmente maturi da parte dei maschi adulti. I giovani leoni iniziano una vita di vagabondaggio solitaria oppure aggregandosi in gruppi di due o più individui che formano una coalizione (come tra i ghepardi). Vagano invadendo territori di altri maschi, nei quali possono soggiornare anche per lunghi periodi in qualità di “inquilini abusivi”, evitando prudentemente il maschio residente grazie ai numerosi segnali olfattivi che questo lascia lungo il percorso durante i suoi lunghi pattugliamenti, il cui scopo è forse più quello di segnalazione della propria posizione che di marcatura del territorio.
Se i vagabondi si sentono abbastanza forti, invece (e la coalizione accresce notevolmente la loro forza), sfidano il maschio residente e in caso di vittoria divengono i nuovi maschi residenti. Il nuovo status conferisce il diritto di accesso alle femmine ma, se per un singolo leone è un diritto facilmente usufruibile, che cosa accade a una coalizione, dove i maschi si trovano loro malgrado a competere? Ebbene, ancora una volta la natura ha risolto il problema: tra i leoni, l’accesso alle femmine non segue priorità gerarchiche, ma qualsiasi maschio ha accesso indiscriminato a qualsiasi femmina, secondo il principio “il primo che arriva è il primo ad essere servito”, e l’elevata proporzione di femmine facilita le cose.
Sesso per tutti
Parrebbe in tal modo venire meno il principio di selezione naturale secondo cui solo al migliore è concesso di riprodursi. Non è così, perché nei leoni avviene la cosiddetta ovulazione indotta, cioè nelle femmine che entrano in estro l’ovulazione non inizia immediatamente. Viene indotta soltanto dopo un cospicuo numero di rapporti sessuali, così che il maschio più tenace e resistente ha maggiori opportunità di fecondare una femmina.
Il tasso di fecondazione durante l’ovulazione è molto elevato (95%) e il coito, che dura una ventina di secondi, viene ripetuto due o tre volte all’ora per tutta la durata dell’estro (4-5 giorni); ma se le femmine in calore sembrano sessualmente insaziabili, i maschi perdono rapidamente interesse, così, quando un maschio si stanca, il suo posto viene preso dal successivo, garantendo ad ogni membro della coalizione l’accesso a tutte le femmine, e un’opportunità di fecondazione che non scende mai sotto il 20%. È una strategia molto utile per attenuare eventuali tensioni tra i maschi della coalizione, che un’eventuale competizione per l’accesso alle femmine potrebbe scatenare.
Mamme alleate
I maschi pattugliano e difendono il territorio, talvolta partecipano alla caccia, ma tutte le loro attività sono finalizzate a un unico obbiettivo: tramandare i propri geni. Così, affermare che difendono il branco da altri maschi rivali non è del tutto corretto, perché difendono semplicemente il proprio status e prole. Le complesse strategie finalizzate alla riproduzione non sono però esclusivo appannaggio dei maschi: tra le femmine di uno stesso branco è ben noto il fenomeno del sincronismo dell’estro, ovvero tutte le femmine della famiglia allargata entrano in estro più o meno contemporaneamente. Ciò garantisce che il parto avvenga in modo sincronizzato, permettendo alle madri di ottimizzare le energie durante l’allattamento e l’allevamento della prole, un’attività che nella società matriarcale dei leoni viene condotta dalle femmine in totale mutua collaborazione.
Ogni femmina allatta e accudisce indiscriminatamente tanto i propri piccoli quanto quelli di un’altra madre, consentendo alle femmine del branco di recarsi a caccia a turno senza abbandonare i cuccioli a sé stessi. Molti studiosi affermano che il sincronismo dell’estro sia indotto dai ferormoni prodotti da ciascuna femmina, i quali influenzano il ciclo ormonale delle altre. Tra i leoni, comunque, il meccanismo di sincronizzazione più comune resta l’infanticidio perpetrato da un nuovo maschio quando sconfigge il maschio residente e in seguito al quale le femmine entrano tutte automaticamente in estro.
Rischio estinzione
Mentre tutti i felini che conducono vita solitaria si accontentano di prede di piccole o modeste dimensioni, i leoni, che hanno fatto del numero (oltre che delle dimensioni) la loro forza, possono accedere a prede più grandi, in genere pesanti più del doppio del predatore e che in alcuni casi raggiungono la tonnellata. Ma, a dispetto della sua fama di animale invincibile, il re della savana è sempre più minacciato dall’uomo. Il futuro di questo felino è preoccupante in tutto il continente: i 3/4 delle popolazioni studiate soffrono una condizione di declino e in soli 21 anni (3 generazioni per l’animale) il mondo ha perso il 42% dei leoni che popolavano il continente africano.
Le principali minacce sono la riduzione e la frammentazione dell’habitat problema che riguarda anche le sue prede: la presenza di bufali, gazzelle e zebre è sempre più rara e priva i felini del nutrimento. Le malattie importate, poi, contribuiscono a mettere a rischio le residue popolazioni dei felini. Negli anni Novanta l’agente responsabile del cimurro ha ucciso quasi un terzo dei leoni del Serengeti, molti altri esemplari sono morti di tubercolosi trasmessa da bovini domestici attraverso i bufali. Anche i conflitti con le comunità locali mettono a rischio la sopravvivenza dei leoni, spesso vittime di ritorsioni da parte di allevatori che hanno subisto danni al loro bestiame. Questo si aggiunge al sempre florido mercato del trophy hunting, in cui ricchi cacciatori pagano migliaia di dollari per sparare a esemplari di leone in riserve di caccia. Infine, la minaccia più inquietante: il bracconaggio, alimentato dal traffico illegale delle ossa di leone (richiestissime nella medicina tradizionale nel mercato asiatico). Solo l’uomo riesce a distruggere la potente e mirabile società dei leoni.
(Gianni Bauce)
Questo articolo è uscito sul numero 5/2020 della rivista. Per acquistare una copia della rivista, clicca qui, o visita l’e-shop.
Minacciato dall’uomo
Il 10 agosto è la Giornata Mondiale del Leone, ma il più temuto tra tutti gli animali del nostro pianeta sta vivendo un drammatico declino. In Africa sopravvivano meno di 20.000 leoni, poiché negli ultimi decenni i leoni si sono estinti in 12 Paesi subsahariani. Scomparso da tempo in tutto il Nord Africa, il leone (Panthera leo) è in via d’estinzione nell’Africa occidentale, dove rimangono poche centinaia di individui. La mappa allegata mostra la diminuzione della sua diffusione rispetto ai primi vent’anni del 1900: meno del 92% nell’arco di un solo secolo. A minacciare il più grande felino d’Africa è l’uomo, che devasta il suo habitat, importa malattie, abbatte centinaia di esemplari l’anno con la caccia illegale.
Curiosità
- I leoni sono grandi carnivori (prede preferite: zebre, bufali e antilopi), ma in caso di necessità possono integrare la loro dieta con verdure. I leoni del deserto del Kalahari mangiano buone dosi di zucche selvatiche, anche per dissetarsi.
- Il leone maschio non è solo un pessimo cacciatore (gran parte delle attività di caccia è svolta dalle femmine) ma anche uno scarso amante: i suoi accoppiamenti, per quanto frequenti, durano una manciata di secondi.
- Il ruggito è un importante sistema di comunicazione tra simili: può essere udito fino a 8 chilometri di distanza e permette di mantenere le relazioni tra gli individui del branco.
- Al di fuori delle aree protette, in Africa il leone è praticamente assente. Solo in Sudafrica si sta espandendo grazie a progetti di ripopolamento funzionali anche all’ecoturismo.
Al cinema
Nell’agosto del 2019 è uscito al cinema l’atteso remake, firmato da Jon Favreau, del celebre Il Re Leone: lungometraggio in animazione digitale con effetti super-realistici, che farà rivivere sul grande schermo le avventure di Simba, Mufasa, Nala, Zazu, Timon, Pumbaa… tutti i fortunati personaggi che valsero alla pellicola originale, nel 1994, il record al botteghino. Un’operazione commerciale che punta a riportare in auge un classico Disney che già nel 2011 fu riedito in 3D e incassò cifre altissime.