Alla scoperta dello straordinario mondo dei babbuini Gelada. Vivono in alta quota sugli altopiani d’Etiopia, abbarbicati su costoni rocciosi, sull’orlo di scarpate e precipizi. Conosciuti come le “scimmie dal cuore sanguinante”, usano un linguaggio complesso con analogie impressionanti con quello umano. E vantano un’organizzazione sociale raffinata – governata dalle femmine – che non smette di stupire
di Irene Fornasiero – foto Afp
Sono i signori incontrastati delle vette dell’altopiano etiope. Vivono tra i 1.800 e i 4.400 metri di quota, abbarbicati su costoni rocciosi, sospesi tra la terra e il cielo, sull’orlo di scarpate e precipizi. Sono i babbuini Gelada (Theropithecus gelada), conosciuti anche come “scimmie dal cuore sanguinante” per via delle chiazze di colore rosso vivo sul petto. Hanno una lunga coda marrone con un ciuffo di peli all’estremità che la fa somigliare a quella del leone. Sono erbivori: si cibano di foglie, erbe, chicchi, bulbi e radici.
È facile incontrarli sulle falesie dell’Amhara e del Tigray, specie tra il Lago Tana e il Monte Semien. «Ma in questo periodo sono assai meno visibili perché hanno cercato rifugio in posti inaccessibili all’uomo», rivela Paulos Alemayehu, che accompagnava comitive di escursionisti sui sentieri mozzafiato di queste regioni e che da più di un anno è rimasto senza lavoro. «La pandemia ha fatto crollare il turismo – racconta – e il colpo di grazia è arrivato con la guerra scoppiata lo scorso novembre nel nord dell’Etiopia».
Intimoriti dagli spari
I combattimenti tra l’esercito nazionale e i soldati tigrini hanno fatto fuggire decine di migliaia di civili. E anche i Gelada, spaventati dai boati delle esplosioni, sembrano spariti. «Sono più restii a farsi vedere, se ne stanno rintanati nei loro ripari a strapiombo sulle gole che offrono loro riparo e sicurezza», chiarisce Paulos, che per sbarcare il lunario in questi mesi ha iniziato a collaborare coi ricercatori statunitensi dell’Università del Michigan che da anni studiano queste grosse scimmie. «Ho il compito di monitorare e censire alcune comunità di Gelada, segnalando eventuali anomalie nel loro comportamento… Devo ammettere che il nuovo lavoro, fatto di appostamenti prolungati, mi ha permesso di scoprire e apprezzare aspetti straordinari di questi animali, che fino a ieri mi erano sconosciuti».
Paulos non è il solo a meravigliarsi. I babbuini Gelada hanno un’organizzazione sociale raffinata e mostrano comportamenti e capacità che non finiscono di stupire la comunità scientifica.
Potere femminile
Generalmente le loro comunità sono vaste, fino a quattrocento esemplari, e divise in sottogruppi di una decina di individui, ciascuno con un solo maschio riproduttore presente. L’unità famigliare è una sorta di harem dove il maschio dominante può disporre di quattro-sei femmine (le cui tipiche zone glabre di colore rosso, orlate di piccole escrescenze carnose simili a collane di pelle, cambiano di intensità durante il ciclo ormonale mensile) che solo apparentemente subiscono l’autorità maschile: in realtà detengono il vero potere nella società.
Gli studiosi hanno infatti scoperto che quando un maschio ormai anziano entra in una fase di declino, le femmine del suo gruppo si accordano per sostituirlo con un rivale più giovane. Anche se inizialmente il capofamiglia farà di tutto per cercare preservare il suo ruolo, alla fine dovrà cedere e farsi da parte.
I discorsi dei babbuini
Ma sono le modalità di comunicazione dei Gelada che più hanno impressionato i ricercatori. Uno studio dell’Università del Michigan pubblicato sulla rivista Current Biology ha dimostrato che queste grosse scimmie utilizzano un linguaggio complesso, con analogie impressionanti con quello umano. Discutono animatamente, confabulano, conversano in mono amichevole, si provocano, sembrano persino scherzare prendendosi in giro a vicenda. «Sono in grado di cambiare tono e ritmo della voce, emettono suoni articolati, muovono e fanno schioccare le labbra proprio come le persone», rivelano i ricercatori americani, secondo cui i discorsi di questi babbuini «possono essere considerati una versione embrionale della conversazione umana».
Ma le “scimmie parlanti” d’Etiopia sembrano essere capaci di comunicare anche con altri animali… Quantomeno coi lupi del Simien (Canis simensis) che popolano le alture più impervie dell’Etiopia settentrionale, con cui di recente i babbuini pare abbiano stretto uno stupefacente accordo di non belligeranza e mutua collaborazione.
L’alleanza coi lupi
Gli etologi hanno notato che, contrariamente a quanto accadeva in passato, i lupi della regione, simili per colore e dimensioni alle volpi, si avvicinano alle comunità di primati senza che questi si allarmino. In generale i babbuini Gelada non sono per nulla turbati dalla presenza di questi predatori, mentre invece si mettono immediatamente in allarme e fuggono alla vista di un cane selvatico o di un leopardo. I lupi attaccano pecore, capre selvatiche, piccoli roditori. Ma ignorano i cuccioli dei babbuini. Quando si trovano nei pressi dei primati, mantengono un comportamento pacifico e rassicurante. Un comportamento insolito che ha attirato l’attenzione di uno scienziato statunitense, Vivek Venkataraman, primatologo del Dartmouth College del New Hampshire, autore di uno studio pubblicato sul Journal of Mammology: «L’osservazione delle modalità di caccia dei lupi ha permesso di risolvere il mistero: la presenza, in una zona di caccia, di comunità di babbuini accresce la possibilità dei lupi di portare a buon fine la caccia di ovini e roditori, triplicando la percentuale di successo degli agguati».
Vantaggi reciproci
Spiega Venkataraman: «Il maggior successo della caccia dei lupi all’interno del gruppo dei babbuini Gelada può essere spiegato da due motivi: il primo è che i roditori sono maggiormente spinti a uscire dalle loro tane sentendosi protetti dai babbuini e dalla loro normale attività, diventando così una facile preda; il secondo è che i lupi possono trarre vantaggio dalla mimetizzazione con i babbuini, che hanno mantelli molto simili».
Quale che sia il meccanismo, però, il vantaggio di questa convivenza è ben chiaro al lupo, che si guarda bene dal cedere alla tentazione di farsi uno spuntino di babbuino. Dal canto loro, i Gelada godrebbero di una protezione indiretta da parte dei lupi: la loro presenza scoraggerebbe incursioni di altri predatori nella loro comunità. Una sorta di alleanza strategica per la sopravvivenza degli uni e degli altri, che molto ricorda l’interazione tra uomo e lupo instauratasi tra i 40.000 e gli 11.000 anni fa, quando l’uomo permise ai lupi di cibarsi degli scarti di cibo al limitare dei suoi accampamenti, ottenendo in cambio protezione dagli altri predatori.
Molto resta però ancora da capire sui Gelada. Nona ppena le condizioni di sicurezza lo permetteranno, le missioni scientifiche sugli altopiani d’Etiopia riprenderanno e c’è da aspettarsi nuove, sorprendenti, scoperte sulle scimmie dal cuore sanguinante.
Questo articolo è uscito sul numero 3/2021 della rivista. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’e-shop.