La Nato vorrebbe creare un centro di intelligence in Tunisia, ma tra i tunisini è polemica.
Sabato 9 luglio, Jens Stoltenberg, il segretario generale dell’organizzazione militare occidentale, ha annunciato l’intenzione di dar vita a una struttura che avrebbe un duplice scopo: raccogliere informazioni sensibili in un’area delicata come il Nord Africa e sostenere le strutture militari e di intelligence tunisine nella lotta contro il fondamentalismo islamico. Questo progetto, che si inserisce nel «quadro di una cooperazione rafforzata», è dettato dall’urgenza di contenere le infiltrazioni del jihadismo che ha proprie basi in Libia e sta cercando di creare una rete nel Sahara.
Il rapporto tra Tunisia e Nato si è andato via via stringendo proprio di fronte alla minaccia terroristica. Nel luglio 2015, gli Stati Uniti hanno concesso a Tunisi lo status «importante alleato della Nato». Sempre Washington ha fornito materiale bellico all’esercito tunisino.
Ma la creazione della nuova struttura non è piaciuta a tutti. I media tunisini hanno pubblicato editoriali infuocati chiedendo il perché di questa alleanza con la Nato e il significato di questo centro di intelligence. In molti hanno sottolineato il pericolo di mettersi sotto la protezione dell’Alleanza atlantica perché ciò potrebbe attirare sul Paese le ritorsioni dei jihadisti.
Il ministro della Difesa tunisino si è rifiutano di commentatore e si è limitato a diffondere un comunicato per spiegare che la Nato partecipa alla «formazione degli agenti di sicurezza tunisine» insegnando agli agenti le tecniche di intervento e di difesa più moderne.