Fabien Neretsé, ex alto funzionario ruandese accusato di “crimine di genocidio”, è stato condannato ieri, venerdì 20 dicembre, dalla Corte d’Assise di Bruxelles a 25 anni di reclusione.
Le azioni dell’imputato, un hutu di 71 anni, hanno causato “danni irreparabili a tutta l’umanità” e “costituiscono atrocità che sfidano l’immaginazione e offendono profondamente la coscienza umana”, hanno dichiarato i giurati nella loro sentenza, letta dal Presidente della Corte Sophie Leclercq. Come riporta RFI. “Questo è uno scandalo per il sistema giudiziario belga”, ha replicato l’avvocato difensore Jean Flamme.
Fabien Neretsé, che rivendica la sua innocenza, è il primo ruandese condannato in Belgio per genocidio. Il verdetto, pronunciato dopo un processo di sei settimane, è stato infatti definito “storico” dagli avvocati delle parti civili.
Fabien Neretsé si è dimostrato “estremamente organizzato, fino a creare una milizia che ha svolto un ruolo decisivo nei massacri commessi in un’intera area”, hanno detto i giurati venerdì nella loro sentenza, dopo più di sei ore di deliberazione. Inoltre, egli “non ha mostrato alcun pentimento”.
Sotto il nome di Fabien Nsabimana, Fabien Neretsé si era rifugiato ad Angoulême (Francia) dove era stato identificato nel 2008 dal Collettivo delle Parti Civili per il Ruanda. È stato arrestato nel giugno 2011 a seguito di un mandato d’arresto emesso da un giudice belga e trasferito in Belgio poche settimane dopo.
Le prime denunce contro di lui sono state però presentate in Belgio 19 anni fa dalla famiglia di una donna belga che viveva a Kigali con la figlia e il marito di origine tutsi. Vivevano sulla stessa collina e Fabien Neretsé denunciò alle milizie di Interahamwe la famiglia e circa 15 vicini che stavano per rifugiarsi nel cantone dei peacekeeper belgi a 500 metri di distanza. I vicini della donna vennero così giustiziati dai miliziani nel loro giardino.