Alla fine il Presidente della Repubblica Democratica del Congo Joseph Kabila, ha promulgato nei giorni scorsi il nuovo Codice minerario che prevede, rispetto al codice del 2002, il raddoppio delle tasse sul cobalto e altri minerali strategici di cui il paese è ricco. Sulla carta il nuovo codice dovrebbe portare maggiori entrate nelle casse dello stato.
La mossa di Kabila è una presa di posizione forte. Soprattutto è una presa di posizione che va contro le richieste delle potentissime multinazionali del settore HiTec che hanno un bisogno infinito di cobalto. Questo minerale infatti, oltre a rendere più durature le batterie di cellulari, computer e altri dispositivi è indispensabile per il passaggio dalla economia dei fossili alla Green Economy.
Per dare un idea di quale forza possa dispiegare la lobby delle multinazionali del settore basta pensare che alcune delle più potenti sono la svizzera Glencore, la statunitensi-britanniche Rangold e Ivanhoé. Poi ci sono le fortissime imprese cinesi, coreane e malesi.
E per capire di quale business si tratta bisogna tenere conto che il prezzo del cobalto è ai massimi storici e in continua salita. Poco prima della firma di Kabila, il prezzo del cobalto ha infranto un nuovo record nel London Metal Exchange: 68.132 euro per tonnellata, venerdì, in chiusura. Circa dieci miliardi di cobalto vengono poi esportati ogni anno dalla Repubblica democratica del Congo e a questi va sommata la quantità di minerali (che probabilmente è superiore alle quantità ufficiali) che ogni anno escono dal paese in modo clandestino.
Le compagnie minerarie, dunque, non hanno ottenuto il riesame del testo che avevano chiesto in un incontro con Kabila ma c’è da giurare che la loro pressione non cesserà, troppo ingenti gli affari che ci sono in gioco. Kabila ha preso questa posizione forte mentre è al massimo la contestazione nei suoi confronti. Il suo mandato è scaduto, ci dovrebbero essere elezioni a dicembre alle quali il presidente uscente non si può presentare, ma nessuno ha ancora promulgato la consultazione.
I suoi detrattori dicono che non se ne andrà e aggiungono che questo braccio di ferro con le multinazionali sia un tentativo di capitalizzare nel caso fosse costretto a lasciare la presidenza, non certo un tentativo di alleviare le condizioni di vita e di lavoro dei milioni di minatori clandestini che estraggono minerali nell’Ituri, nel Kivu, nel Katanga, nel Kasai.
(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)