Il cacciatore bianco, l’Africa è a Milano

di AFRICA

È il 1922 e la Biennale di Venezia ospita Scultura Negra, la prima mostra pubblica di arte africana in Italia. Ma pubblico e critica non riescono a sintonizzarsi: negano la statura artistica dei pezzi esposti e rintuzzano la creatività africana nel campo dell’etnografia. Da quella stroncatura prende le mosse Il cacciatore bianco, collettiva centrata sullo sguardo incrociato che Occidente e Africa si sono rivolti nella storia e continuano a rivolgersi anche adesso. Un’esposizione innovativa per l’Italia, che raccoglie opere di importanti artisti contemporanei (Georges Adéagbo, Pascal Marthine Tayou, Wangechi Mutu, Meschac Gaba…) e le fa dialogare con sculture antiche, sottolineandone la dialettica visuale.

Il titolo rimanda a un documentario (presente in mostra) di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, realizzato con immagini d’archivio degli anni Venti: scene in cui i colonizzatori, divise chiare e cappello safari, si contrappongono ai corpi nudi degli africani e che rivelano una sostanziale corrispondenza tra il mirino del fotografo a caccia di immagini e quello del cacciatore.

«Ogni volta che l’arte africana tradizionale è stata presentata in mostre d’arte moderna o contemporanea, era per porre confronti con l’arte occidentale», spiega il curatore della mostra, Marco Scotini. «Noi abbiamo provato a immaginare una narrativa diversa, in cui fossero centrali il tema delle rappresentazioni sull’Africa e le sfide lanciate dagli artisti africani a queste rappresentazioni, all’idea di contemporaneità e anche al nostro sguardo. Davvero ci siamo lasciati alle spalle il cacciatore bianco?». Le opere esposte provengono tutte da collezioni private italiane. A Milano, presso FM Centro per l’Arte Contemporanea, fino al 3 giugno.

Info: www.fmcca.it

(Stefania Ragusa)

Wangechi Mutu, Automatic Hip, 2015

Wangechi Mutu, Automatic Hip, 2015

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