Di Federico Pani
Nel novembre 2024, il Ciad ha chiesto la fine della cooperazione militare con la Francia, segnando l’inizio di un riassetto geopolitico che vede la Russia come protagonista emergente. Questo cambiamento si inserisce in un contesto di crescente competizione internazionale e sfide interne per tutta l’area.
Nel novembre del 2024, il governo del Ciad ha chiesto ufficialmente la fine della cooperazione sulla difesa con la Francia, un’iniziativa che ha portato al ritiro delle circa 1.000 truppe francesi presenti nel Paese. Questa richiesta si inserisce in un contesto più ampio, in cui diverse ex colonie francesi, tra cui Niger, Mali, Senegal, Burkina Faso e Costa d’Avorio, avevano precedentemente sollecitato Parigi a ritirare le sue forze militari.
In linea generale, il ritiro militare francese è stato accompagnato da un profondo riallineamento geopolitico nell’Africa occidentale e centrale, dove alcuni leader stanno cercando di diversificare le loro partnership, un tempo dominate dalle relazioni con Stati Uniti e Francia. Le nazioni coinvolte stanno ora esplorando nuove alleanze, in particolare con potenze emergenti come la Russia (come testimonia il coinvolgimento nell’attività mineraria nella Repubblica Centrafricana e rispetto al tema della sicurezza in Mali e Burkina Faso), la Cina e altre nazioni africane, alla ricerca di maggiore autonomia e di soluzioni alternative in materia di sicurezza e sviluppo.
Il Ciad è solo l’ultimo dei paesi africani dell’area del Sahel in cui si sta verificando una progressiva penetrazione dell’influenza russa, in concomitanza con il ritiro della presenza francese. Il presidente ciadiano Mahamat Idriss Deby Itno ha infatti definito la Russia un “paese fratello” e ha accolto il ritiro delle truppe francesi come una “nuova alba per un Ciad completamente sovrano”. Questa posizione evidenzia un cambiamento significativo nella politica estera del paese, che sembra orientarsi verso una maggiore cooperazione con Mosca, in un contesto in cui la Russia sta cercando di consolidare la sua presenza in Africa, in particolare nella regione del Sahel.

Il rischio maggiore per il Ciad potrebbe riguardare la sua economia, già messa a dura prova dalla crescente incertezza politica. I lavoratori ciadiani impiegati nelle basi militari francesi sono preoccupati per la perdita del loro reddito. Mohamed, ad esempio, che lavora nella base militare di N’Djamena, ha commentato: “Questo è uno shock per noi. Abbiamo costruito le nostre vite qui, e ora è tutto a rischio“.
La situazione economica del paese è ulteriormente complicata dal rallentamento degli aiuti militari occidentali, con una drastica riduzione dei finanziamenti statunitensi – passati da 11 milioni di dollari nell’anno fiscale 2022 a soli 2-3 milioni nel 2023 e 2024. Anche gli aiuti nell’ambito della European Peace Facility (EPF) hanno incontrato difficoltà nel 2023. Questo ha reso il Ciad sempre più dipendente dal supporto di potenze emergenti come gli Emirati Arabi Uniti e la Turchia. Gli Emirati, infatti, hanno avviato una cooperazione militare con il Ciad nel 2023, fornendo equipaggiamenti per contrastare il terrorismo e proteggere i confini, settori un tempo dominati dalla collaborazione con Francia e Stati Uniti.
Nel campo della sicurezza, la difesa aerea, affidata in passato al dispositivo aereo francese, potrà sì essere garantita con i droni Bayraktar turchi, di cui il Ciad dispone, ma gli interrogativi restano molteplici: il Ciad sarà capace di riuscire a fare i propri interessi senza eccessive aperture (verso Mosca) o chiusure (verso Parigi), inserendosi con il giusto tempismo nei conflitti che lo circondano (in primis quello sudanese)?
Il Ciad occupa, infatti, una posizione strategica. Confina con il Niger, con il Sudan, teatro di una guerra civile e di una complessa lotta per l’influenza tra le potenze straniere che sostengono il regime militare o il suo avversario, le Rapid Support Forces (RSF). A nord del Ciad si trova la Libia, teatro instabile e ancora divisa. Mentre a sud si trova la Repubblica Centrafricana (CAR), uno dei paesi più poveri del mondo e teatro di un conflitto frammentato tra le forze del presidente Faustin-Archange Touadéra e gruppi armati.
Circondato da così tante crisi regionali, il Ciad si distingue come un’isola di continua partnership stabile con l’Occidente. Se da un lato Parigi e Washington sperano che Déby veda Mosca come un utile complemento diplomatico, e non un’alternativa all’Occidente, dall’altro il leader ciadese sembra dirigersi nella direzione opposta considerati i livelli di scambio e partenariato tra i due. Un esempio tangibile di questo rafforzamento è rappresentato dall’apertura della Russian House a N’Djamena, il 11 novembre 2023. Questo centro culturale ha organizzato corsi di lingua russa, eventi dedicati alle ricorrenze storiche russe e ha raccolto la più grande biblioteca di pubblicazioni russe del Paese, con circa 200 volumi.
Guardando al futuro, è verosimile prevedere un’espansione delle iniziative culturali e educative russe in Ciad, con piani per ampliare i corsi di lingua russa e introdurre ulteriori programmi volti a familiarizzare la popolazione con le tradizioni e la cultura della Russia. Questa crescente influenza russa potrebbe ridisegnare ulteriormente gli equilibri geopolitici della regione, alimentando nuove dinamiche di potere e alleanze strategiche in un’area già caratterizzata da fragilità.
Dal punto di vista militare, la partnership tra la Russia e il Ciad ha subito un’accelerazione nell’aprile del 2024, quando un gruppo di 130 addestratori russi è arrivato nella capitale N’Djamena. Questi uomini sarebbero membri dell’ex gruppo paramilitare Wagner, ora ridenominato Africa Corps. Questo rafforzamento della cooperazione militare segna un passo significativo nell’espansione dell’influenza russa nella regione del Sahel, dove Mosca cerca di consolidare il proprio ruolo in un contesto di crescente presenza di gruppi armati e instabilità.
Contemporaneamente, la Russia ha intrapreso una serie di campagne di influenza mediatica per migliorare la propria immagine, alimentando sentimenti di risentimento anti-francese. Queste operazioni si sono concretizzate principalmente attraverso campagne di disinformazione, mirate a screditare l’esercito francese e a dipingere il ritiro delle truppe come una vittoria per le popolazioni locali. Durante la partenza delle forze francesi dal Ciad, infatti, sui social media sono circolati messaggi filo-russi, che spesso riprendevano narrazioni promosse da influencer noti per le loro posizioni anti-occidentali. Piattaforme come African Hub, Typical African e RT News India hanno diffuso un video del ritiro delle truppe francesi, accompagnato dalla descrizione della situazione come “l’umiliazione finale” della Francia, interpretando il gesto come un simbolo della fine dello sfruttamento coloniale.
Questi messaggi si inseriscono in una più ampia strategia di Mosca, che ha utilizzato la disinformazione e la propaganda come strumenti per minare l’influenza occidentale in Africa e presentarsi come un alleato alternativo, in grado di offrire soluzioni diverse rispetto a quelle tradizionalmente promosse dagli Stati Uniti e dalla Francia.

Secondo l’Africa Center for Strategic Studies, la Russia sarebbe la principale fonte di disinformazione in Africa, utilizzando una combinazione di influencer africani pagati, avatar digitali e la diffusione di video e fotografie false o fuori contesto. Sebbene questa analisi appaia calzante, la sua provenienza potrebbe suscitare dubbi per alcuni, dato che il centro studi è affiliato al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. È possibile che alcuni critichino l’analisi come parte di una strategia geopolitica occidentale, accusandola di parzialità. Tuttavia, i fatti recentemente emersi potrebbero dare credito alla posizione espressa dall’Africa Center for Strategic Studies: tre giornalisti ciadiani sono stati accusati di collusione con la Russia e attualmente sono in custodia cautelare, in attesa di un’udienza davanti a un giudice. Se condannati, potrebbero affrontare pene dai 20 ai 30 anni di carcere, una testimonianza della crescente attenzione nei confronti delle dinamiche di influenza esterna nel Paese.
La situazione dei media in Ciad è, infatti, estremamente critica. Negli ultimi mesi, giornalisti, politici e membri dell’opposizione sono stati arrestati o rapiti. A settembre, l’Organizzazione mondiale contro la tortura ha denunciato un aumento degli arresti e delle detenzioni senza un giusto processo da parte dei servizi di intelligence ciadiani. Questo contesto, già difficile per la libertà di stampa, si complica ulteriormente con le indagini su presunti legami con la Russia.
In aggiunta, Al Jazeera ha recentemente riportato che la Russia starebbe usando una rete di scrittori inesistenti per diffondere sentimenti anti-francesi nell’Africa occidentale e centrale. Questi “giornalisti freelance” spesso non esistono nemmeno come persone reali: le loro biografie sono inesistenti, i loro profili social assenti e non ci sono tracce di una carriera documentata, il che solleva interrogativi sulla veridicità e sull’efficacia di tali campagne.
In conclusione, sebbene l’influenza russa in Africa continui a crescere, la sua sostenibilità in Ciad potrebbe rivelarsi problematica. Le difficoltà economiche derivanti dalla guerra in Ucraina e la crescente competizione con altri attori internazionali, come Turchia e Cina, potrebbero limitare la capacità della Russia di mantenere un’influenza duratura nel continente. La sfida di competere per l’influenza geopolitica in Africa si fa, quindi, sempre più complessa per Mosca, soprattutto in un contesto di instabilità regionale e rivalità tra potenze globali.