La spocchia, l’arroganza, i muscoli, le minacce contro la logica, la fermezza, la determinazione. È questo il duello di queste ore tra Matteo Salvini e la comandante della Sea Watch, Carola Rackete, 31 anni, che da sette lavora al timone di una nave. È di nazionalità tedesca e dopo 14 giorni al largo di Lampedusa ha deciso di forzare il blocco con i 42 naufraghi a bordo, tutti migranti africani fuggiti dalle carceri libiche che tutto volevano fuorché ritornare nell’inferno del Paese maghrebino. «Ho deciso di entrare in porto. So cosa rischio, ma i naufraghi sono allo stremo».
Salvini quando ha saputo che la Sea Watch stava facendo rotta verso Lampedusa è andato su tutte le furie. L’ha chiamata «sbruffoncella che vuole fare politica sulla pelle dei migranti». Ma Carola Rackete è tutt’altro che una sbruffoncella. Parla cinque lingue e a 23 anni era già al timone di una nave rompighiaccio. La cosa che stona di più è che a «sbruffoncella» Salvini ha aggiunto che «… vuole fare politica sulla pelle di qualche migrante». Ma questo è esattamente ciò che ha fatto lui, che ha costruito intere campagne elettorali sul tema immigrazione con accenti, peraltro, pesantemente minacciosi, del tipo: «È finita la pacchia».
Carola ha invece detto di sé stessa: «La mia vita è stata facile, ho potuto frequentare tre università, a 23 anni mi sono laureata. Sono bianca, tedesca, nata in un Paese ricco e con il passaporto giusto. Quando me ne sono resa conto, ho sentito il bisogno, l’obbligo morale di aiutare chi non aveva le mie stesse opportunità».
Comunque vada, in questa vicenda Carola ha già vinto. Ha sconfitto il capitano spocchioso e arrogante che la minaccia.