di Andrea Spinelli Barrile
Questa settimana sarà cruciale per il futuro di Africom, il comando militare statunitense per l’Africa. Molti analisti americani temono che sia l’inizio della fine di Africa Command che, nato poco meno di 18 anni fa, non diventerà mai maggiorenne.
Quella appena iniziata è una settimana fondamentale per capire quale sarà il futuro di Africom, il comando militare statunitense per l’Africa. Il comandante dello Us Africa Command (Africom), generale Michael Langley, dovrebbe testimoniare di fronte al Comitato per i servizi armati del Senato giovedì, la prima di diverse udienze di fronte ai supervisori del Dipartimento della difesa e agli stanziatori delle spese militari nelle prossime settimane. Come riporta Africa Report, l’udienza sarà immediatamente seguita da un’udienza a porte chiuse sulle minacce classificate nella regione.
Molti analisti americani temono che sia l’inizio della fine di Africa Command che, nato poco meno di 18 anni fa, non diventerà mai maggiorenne: secondo infatti quanto riferito dalla Nbc il 18 marzo, l’amministrazione di Donald Trump starebbe considerando una serie di misure per tagliare i costi del proprio impegno militare in Africa e spostare l’attenzione sull’Indo-Pacifico e sulla rivalità degli Stati Uniti con la Cina. L’ipotesi è quella di una fusione di Africom con l’European Command in un unico comando, con sede a Stoccarda in Germania.

L’Africom è stato creato nel febbraio 2007 dal presidente George Bush nel periodo di massima diffusione della guerra globale al terrorismo e nonostante il profondo e manifesto scetticismo di Trump su questo impegno, l’Africa Command ha ancora molti sostenitori nel Congresso americano.
Nei giorni scorsi, ad esempio, il presidente delle commissioni per i servizi armati della Camera e del Senato, il deputato repubblicano Mike Rogers e il senatore repubblicano Roger Wicker, hanno rilasciato una dichiarazione stampa congiunta opponendosi a qualsiasi revisione affrettata di Africom. “Non accetteremo – hanno dichiarato – cambiamenti significativi alla nostra struttura di combattimento che siano fatti senza un rigoroso processo interagenzia, coordinamento con i comandanti e lo staff e la piena collaborazione con il Congresso” hanno scritto nella nota, chiarendo che “tali mosse rischiano di minare la deterrenza americana in tutto il mondo e di distogliere l’attenzione dalle nostre posizioni negoziali con gli avversari dell’America”.