«Le dichiarazioni secondo cui l’Africa è stata esplorata sono avventate come le notizie sulla sua morte imminente. Un’indagine davvero illuminante su questo continente deve ancora avere luogo». Così scrive nel suo ultimo libro «Africa» il nigeriano Wole Soyinka. Il Ghana, nazione dove mi trovo in questi giorni, è il posto ideale per demolire cliché e luoghi comuni sul continente africano (un territorio immenso, vasto cento volte l’Italia, pieno di diversità e contrasti).
Nella capitale Accra vedi fiumane di adolescenti che smanettano sui loro smartphone. Le palestre sono piene di gente che si muove al ritmo forsennato dalla musica highlife. Nei bar i giovani si assembrano attorno alle tv che trasmettono le partite della Premier League britannica. E alla sera gli studenti universitari si radunano in spazi comuni per condividere idee e progetti imprenditoriali da sviluppare assieme.
«Siamo una comunità di programmatori, ingegneri e grafici – spiegano all’Hub Accra, una stanza piena di laptop e di giovani dallo sguardo sveglio -. Mettiamo insieme le nostre competenze e sfruttiamo le potenzialità del Web per lanciare start-up innovative capaci di generare reddito e posti di lavoro». L’età media dei ghanesi è 19 anni: energia pura. L’emergente classe media spende e consuma a livelli mai visti prima. L’economia, dicono le statistiche, corre: il Pil del Ghana quest’anno crescerà del 5%. Un trend che dura da oltre cinque anni, grazie alla stabilità politica e all’export. Un tempo da questa regione gli europei saccheggiavano oro e schiavi. Oggi (insieme ai cinesi e agli statunitensi) importano cacao, legname, petrolio, pietre preziose, tonno, frutta tropicale e giovani promesse del calcio.
«Il Ghana è il simbolo del riscatto della nuova Africa», dice convinto Roberto Bezziccheri, imprenditore di 51 anni, più della metà vissuti ad Accra. È il patron di Ghanaweb, primo portale d’informazione del Paese, un’impresa che dà lavoro a cinquanta persone, tra programmatori e giornalisti, e che attrae come un magnete milioni di lettori e di dollari in pubblicità.Soldi e investimenti non mancano. Lo dimostra la quantità impressionante di cartelloni pubblicitari che si affastellano sulle strade: accanto agli onnipresenti predicatori delle sette cristiane, autoproclamati profeti di Cristo che promettono miracoli e ricchezza, ci sono migliaia di reclame di imprese di costruzione, banche, assicurazioni, carrozzerie, saloni di bellezza. Un paradiso per chi lavora nella pubblicità. «Siamo pieni di lavoro – conferma Tina Walendy, manager di una società di comunicazione italo-ghaneana, Now Available Africa, creata solo tre anni fa ad Accra -. Siamo arrivati al momento giusto: in Europa prevaleva un senso di rassegnazione e di stanchezza, mentre qui abbiamo trovato un clima estremamente stimolante. I giovani locali sprigionano entusiasmo, ottimismo, voglia di essere protagonisti del futuro».
Per averne conferma basta chiacchierare con Edison Gbenga, 25 anni, che fa il cameraman a Jamestown, quartiere popolare della capitale. «Ho acquistato a rate una telecamera, e ora realizzo video in occasione di matrimoni, cerimonie e funerali – racconta soddisfatto nel suo studio tirato su con quattro lamiere -. Gli affari vanno bene. Sto risparmiando per permettermi una vacanza a Londra e a Roma. Verrò in Europa da turista, non da migrante».
Edison potrà volare con la Brussels Airlines, che ha da poco inaugurato il suo primo volo su Accra e che offre quattro collegamenti settimanali con l’Europa. «C’è un’Africa moderna, dinamica e in pieno sviluppo che vuole rompere l’isolamento a cui è stata costretta per troppo tempo – commenta Bernard Gustin, Ceo della compagnia aerea belga che sta puntando molto sullo sviluppo dell’Africa -. Era considerato un continente di emergenze, oggi è un continente di opportunità. E pochi Paesi illustrano questa svolta epocale meglio del Ghana».
Non tutto è oro ciò che luccica. Una vasta parte della popolazione vive ancora in povertà. La gente muore di malaria e di Tbc. Troppi bambini abbandonano gli studi nella scuola primaria. L’inflazione corre, la corruzione è endemica, la disoccupazione è una bomba sociale che nessuno è ancora riuscito a disinnescare. Si stanno costruendo strade e ponti. Ma la corrente elettrica arriva a singhiozzo negli uffici, le fogne sono canali a cielo aperto, ogni volta che c’è un temporale la capitale diventa una palude maleodorante. «E la gente che vive lontano dalle città resta tagliata fuori dallo sviluppo», ricorda Marianna Tamburini, cooperante della Ong italiana Cospe impegnata nella regione di Axim in progetti di gestione delle risorse idriche. «Realizziamo – continua la Tamburini – analisi della qualità dell’acqua in pozze e fontane pubbliche e insegniamo alla popolazione il rispetto delle norme igieniche per prevenire le epidemie di colera».
«I signori delle grandi agenzie umanitarie dovrebbero farsi più spesso un giro nei villaggi per capire le esigenze reali della popolazione e come vengono effettivamente spesi i soldi destinati a progetti di sviluppo», le fa eco Antonella Sinopoli, giornalista italiana, che cinque anni fa dopo aver lasciato il lavoro nell’agenzia Adnkronos si è trasferita ad Aflasco, un villaggio di pescatori, non lontano dal confine con il Togo, dove ha aperto un grazioso campeggio sulla spiaggia (www.wildcampghana.com). «Non è stata una fuga né un colpo di testa – osserva -, ma il desiderio di rimettermi in gioco e di vivere a stretto contatto con la popolazione locale: il solo modo di farmi un’idea concreta, non “viziata” né dai luoghi comuni né da numeri e statistiche».
Ieri sera il capo villaggio di Aflasco ha invitato la comunità a prendersi cura dei rifiuti per contrastare il degrado ambientale. Stamattina la spiaggia era piena di uomini e donne, armati di scope e rastrelli, che ramazzavano alghe e pezzi di plastica. Anche questo è il Ghana, un’altra Africa…
Marco Trovato