Esiste un legame evidente tra la penuria di acqua e i processi migratori. Un assioma evidente nel Sahel, dove la pressione demografica in aumento è uno dei fattori. Ma anche lì dove c’è apparentemente abbondanza di acqua si può assistere a fenomeni simili. Lo ha ricordato Isaac Penda Haliza, ricercatore congolese dell’Università Cheikh Anta Diop di Dakar, intervenendo a un panel organizzato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) al Forum mondiale dell’acqua in corso nella capitale senegalese.
Penda Haliza ha in particolare fatto gli esempi di due villaggi della provincia congolese del Nord Kivu, Makama e Kiliba, i cui abitanti fino a 10 anni fa vivevano quasi esclusivamente di pesca. “Negli ultimi 10 anni – ha spiegato il ricercatore congolese – le attività minerarie legali e illegali si sono moltiplicate nell’area causando un repentino inquinamento delle acque e privando in questo modo le popolazioni locali del loro sostentamento e delle loro attività tradizionali”.
Il panel, ha sottolineato a sua volta parlando con InfoAfrica Paolo Enrico Sertoli, titolare della sede Aics di Maputo e moderatore dell’incontro, ha avuto l’obiettivo di fornire un quadro di massima sulla connessione migrazioni-acqua in ambito rurale ed è stato affrontato con rappresentanti della società civile, accademici, rappresenti di istituzioni come Fao e Ocse. “E’ il primo di un trittico di panel che abbiamo in programma a Dakar – ha spiegato Sertoli – gli altri due verteranno sulla governance dell’acqua e sulla capacity Development ovvero sugli approcci per migliorare la conoscenza dei fenomeni migratori da parte delle comunità”.
Nel 2017 Aics si è dotato di un documento che analizza le variabili che stanno dietro i processi migratori e uno dei fattori individuati era stato proprio quello della gestione delle risorse naturali. Un tema di particolare importanza in regioni il Sahel e il Corno d’Africa dove la Cooperazione sta portando avanti numerosi progetti.