a cura di Stefania Ragusa
Il genocidio del ’94, in Rwanda, è stato preparato da altri massacri, sparsi nei trent’anni precedenti, e dalla costante e reiterata tensione tra hutu e tutsi. È una cosa che non molti sanno, ma il sacerdote Luc, una delle prime voci a comparire in questo racconto corale, lo ricorda passando dalla sua esperienza personale: il padre portato via e ucciso a Rusumo, nel ’63, insieme con altri intellettuali borghesi tutsi, la madre impegnata ad andare avanti nonostante le discriminazioni subite in quanto tutsi… Dopo il ’94 accadde che tra le persone scampate al genocidio, spesso rimaste sole al mondo, si diffondesse un’originale pratica di salvezza e resilienza: la formazione di famiglie di elezione, all’interno delle quali venivano definiti ruoli genitoriali e nuovi legami.
Pietro Veronese, giornalista che nella sua lunga carriera si è occupato molto e con passione di Africa, nel suo ultimo libro, La famiglia. Una storia ruandese (Edizioni e/o, 2024, pp.200 €18), raccoglie la testimonianza di uno di questi nuclei formatosi in Italia. Accanto a Luc troviamo Léonie, Kazungu, Mimì, Betty, Grace, Honorine, Kabago e Albert. In dialogo, ricostruiscono le loro storie, i momenti più orribili, i punti di snodo, la trama del loro incontro e la vita che, provando a lasciarsi alle spalle il passato, hanno costruito. Honorine si è sposata con Kabago, hanno due figli e vivono in provincia di Milano. Luc, considerato il decano della Famiglia, vive in Svizzera. Betty ha lasciato la Famiglia e fa il medico a Roma. Quest’anno ricorrono trent’anni dal genocidio e molti libri sono stati pubblicati. La famiglia è quello che abbiamo più apprezzato, per la capacità di integrare verità giornalistica, emozione e speranza.