a cura di Stefania Ragusa
L’ascaro. Una storia anticoloniale (Tamu Edizioni, 2023, €15) rappresenta una pietra miliare nella letteratura del corno d’Africa e una piccola perla in un panorama letterario sempre più affollato e deludente. È un romanzo scritto in tigrino e concluso nel 1927, prima dunque che il regime fascista si imbarcasse nella sua ricerca di “un posto al sole”, ma pubblicato all’inizio degli anni ‘50.
Racconta la vicenda di un giovane eritreo che decide di farsi ascaro e partecipare alla conquista italiana della Libia, sperando in un’altrimenti impossibile ascesa sociale. La scelta di Tequabo, questo il nome del protagonista, lascia i genitori sgomenti, ed è deplorata dalla comunità. Lui si ritrova presto annichilito e lacerato nel ruolo doppio e antitetico di colonizzato e colonizzatore. Dopo molti travagli torna a casa, scoprendo che la madre è morta, poco prima del suo arrivo. Compone allora una poesia-epilogo in cui maledice se stesso per aver preso la decisione di arruolarsi, condanna la guerra e l’Italia.
L’autore, Ghebreyesus Hailu (1906-1993) è stato un intellettuale e un religioso, viaggiatore e conoscitore di varie lingue, tra cui latino e greco, e diverse culture. Nel prologo Hailu spiega che l’opera «rispecchia le emozioni che provai quando, diciottenne, attraversai il mare per recarmi in Italia a compiere i miei studi. Allo stesso tempo è una manifestazione del ricordo dei miei fratelli arruolatisi nell’esercito coloniale e che, in quello stesso periodo, attraversavano lo stesso mare». Il suo racconto, come rilevato dalla scrittrice etiope Maaza Mengiste, che firma la prefazione, «smaschera il razzismo e le crudeltà subite dagli ascari nell’esercito italiano».
Il libro è stato tradotto in italiano da Uoldelul Chelati Dirar, storico all’università di Macerata e collaboratore di Africa. In precedenza è stato pubblicato in inglese, hindi e arabo.