di Stefania Ragusa
Said lascia il suo villaggio, in Algeria, poco dopo l’indipendenza. È stato scelto da un reclutatore per andare in Francia a lavorare come operaio. La moglie Naja lo raggiunge con le tre figlie e poco dopo resta incinta di due gemelli, che saranno separati alla nascita. Amir, il più gracile, resterà con loro; Daniel sarà adottato con un sotterfugio dal fratello di Said e dalla moglie francese, coppia benestante e impossibilitata ad avere figli. La cessione del bambino e il segreto che l’accompagna avranno conseguenze insidiose sul destino della famiglia.
Sole amaro (Edizioni e/o, 2023, €17), il nuovo romanzo della giornalista francese di origine algerina Lilia Hassaine, racconta una storia di immigrazione in un arco di tempo che va dal 1959 al 1997. È un libro sulle radici che si perdono, sulla speranza e sulla condizione umana, che offre diverse chiavi di lettura, a partire dalla possibilità di vedere nella relazione tra Amir e Daniel, divisi ma inseparabili, una metafora di quella tra l’Algeria e la Francia.
Attingendo alla sua memoria personale e con una scrittura sobria e asciutta, l’autrice riesce a dare forma e vita e un preciso contesto sociale e a collocarlo nella sua dimensione storica. La saga famigliare si sviluppa infatti all’interno di riferimenti precisi: l’espansione urbanistica legata alla costruzione di nuovi ed estesi quartieri popolari (Habitation à Loyer Modéré, HLM), il maggio francese, le proteste nelle fabbriche, la crisi economica, l’eroina che fa la sua comparsa in occidente e falcidia un’intera generazione. I personaggi – la famiglia di Said e gli altri che le ruotano attorno – nelle loro sfaccettature, riescono ad esprimere le contraddizioni e la silenziosa fatica psicologica che marca il destino del migrante, anche in assenza di tragedie o sconfitte clamorose, anche quando le cose sembrano andare bene. Il sole illumina e riscalda ma non riesce a portare via il sapore agro dalla vita.
Sole amaro di Lilia Hassaine, Edizioni e/o, 2023, €17
