di Stefano Pancera
La prossima edizione del Met Gala, evento glamour tra i più attesi che si terrà a New York a maggio 2025, celebrerà il “Black Dandy”, esplorando il ruolo cruciale della moda nell’identità e nell’emancipazione delle comunità nere. La mostra del Costume Institute, ispirata al lavoro di Monica Miller, esaminerà come il dandismo nero abbia sfidato le categorie di razza, classe e genere.
Sarà “black dandy” il tema per il prossimo Met Gala che si terrà il 5 maggio 2025 al Metropolitan Museum of Art di New York. Era dal 2003 – da “Men in Skirts”, – che l’uomo non era al centro del Met Gala ma ora oltre vent’anni dopo si racconterà il black dandy celebrando lo stile storico e culturale del dandyismo nero. Analizzando il ruolo cruciale dell’abbigliamento e della moda come fenomeno ad ampio spettro nelle comunità black ed esplorando l’importanza dello stile sartoriale per la formazione delle identità nere nella diaspora atlantica.
Che la comunità nera internazionale abbia un fortissimo ascendente sulla moda contemporanea è scontato. Basti pensare a Pharrell Williams, afroamericano direttore creativo della divisione maschile di Louis Vuitton o a Prince Gyasi, fotografo e artista ghanese che ha firmato il Calendario Pirelli 2024. Prima di loro c’è stato Dapper Dan, lo stilista icona di Harlem che con il suo atelier, tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta, ha sdoganato la pratica dell’upcycling da cui è nata anche una storica collaborazione con Gucci.
Ma attenzione non si tratta affatto di “frivolezze” o di fashion business. In un momento storico dove l’Africa è al centro di perplessità e speranze, dove le diversità culturali vengono trasformate in contrapposizioni, dove le aspirazioni dei giovani africani conquistano la scena internazionale: la moda parla.
Il Metropolitan Museum of Art di New York in questa occasione, offrirà anche una riflessione (necessaria) sul significato politico e socioculturale del dandismo nella comunità black e darà visibilità alle realtà che altre narrazioni della moda americana in passato hanno trascurato.
Infatti, dal 2020 il Costume Institute (sezione dedicata alla moda del Metropolitan Museum) ha acquistato circa 150 pezzi di stilisti BIPOC (acronimo di “black, indigenous and people of color”, ovvero neri, indigeni e persone di colore), che saranno esposti nella mostra che rimarrà aperta al pubblico fino al 26 ottobre 2025.
«Sono tutti uomini che non hanno paura di rischiare con la loro auto-rappresentazione. Sfruttano le forme classiche, ma le remixano e le scompongono in modi davvero nuovi. Penso che gli uomini e gli stilisti black siano in prima linea in questo nuovo rinascimento della moda maschile» ha dichiarato il curatore responsabile della mostra del Costume Institute Andrew Bolton.
Bolton ha voluto coinvolgere quest’anno anche Monica Miller, titolare della cattedra di Studi Africani presso il Barnard College della Columbia University. Il suo libro Slaves to Fashion: Black Dandyism and the Styling of Black Diasporic Identity” – pubblicato nel 2009 – ha infatti ispirato la mostra, offrendo una visione del dandismo black come un fenomeno politico e socioculturale,
Il suo lavoro indaga lo stile degli uomini neri nel dandismo dal 18esimo secolo ad oggi ed esamina come l’estetica del dandy, con il suo uso distintivo di abiti, gesti e spirito, sia stata utilizzata per sfidare e ridefinire le categorie identitarie legate alla razza, classe, genere e nazionalità.
Impossibile per noi non ricordare in questa occasione Daniele Tamagni, celebre fotografo delle mode africane, pluripremiato a livello internazionale, scomparso prematuramente nel 2017. La nostra rivista ha dedicato numerosi servizi ai suoi “Sapeurs” congolesi (dandy congolesi) pubblicando molti dei suoi meravigliosi scatti.
Appena dato l’annuncio sono inevitabilmente subito arrivare reazioni contrastanti sui social media. Alcuni utenti hanno accolto positivamente la celebrazione della cultura nera, mentre altri hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla possibile appropriazione culturale. E non sono mancati appelli per una rappresentazione accurata delle diverse identità all’interno della comunità nera.
L’esposizione presenterà abiti dal XVIII secolo a oggi e non mancheranno abiti storici come gli Zoot suit degli anni ’30 insieme alle più recenti creazioni di designer afromericani come Virgil Abloh o come l’haitiano-americano Kerby Jean-Raymond.
Al Met Gala 2025 ci sarà dunque l’occasione di analizzare i temi legati a razza, potere e resistenza attraverso la moda, mostrando come l’abbigliamento sia sempre di più per le nuove generazioni anche uno strumento di emancipazione e auto-espressione.