Il motore africano dell’economia italiana: numeri, sfide e opportunità

di claudia

di Tommaso Meo

Negli ultimi dieci anni, gli imprenditori africani in Italia hanno costruito un segmento sempre più solido del panorama economico nazionale. Oggi, circa un terzo delle imprese individuali guidate da stranieri è gestito da persone di origine africana, un dato che riflette un’espansione costante nonostante le difficoltà di accesso al credito, la burocrazia complessa e le barriere linguistiche.

Secondo il Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2024, pubblicato dal Centro Studi e Ricerche Idos in collaborazione con Cna, gli imprenditori africani titolari di imprese individuali sono passati da 126.164 nel 2013 a 145.047 nel 2023, registrando un incremento del 15%. Un risultato che conferma la capacità di resilienza e innovazione di queste comunità, nonostante un contesto normativo e lavorativo che spesso ostacola chi desidera avviare un’attività.

Parallelamente, l’intero comparto dell’imprenditoria immigrata in Italia ha raggiunto quota 659.709 imprese, con una crescita del 32,7% nell’ultimo decennio. Un trend che ha contribuito a riequilibrare un mercato del lavoro in difficoltà, segnato dal calo dell’1,7% delle imprese italiane nello stesso periodo. Ma chi sono gli imprenditori africani in Italia? In quali settori operano e quali sfide devono affrontare?

Le imprese africane

Tra i principali paesi di provenienza degli imprenditori immigrati emergono il Marocco, l’Egitto e la Nigeria. Anche se il numero di imprenditori marocchini sia leggermente calato nel periodo considerato (-4,7%), questa comunità rimane la più numerosa con 58.273 titolari di imprese individuali nel 2023, subito seguita da Romania e Cina.

Diversa è la situazione per gli imprenditori egiziani, il cui numero è aumentato del 40,9%, passando da 14.356 a 20.223. Ancora più sorprendente è la crescita degli imprenditori di origine nigeriana, che hanno registrato un incremento del 93,6%, arrivando a 17.669 titolari di imprese nel 2023.

Dal punto di vista settoriale, la maggior parte degli imprenditori marocchini opera nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, che rappresenta oltre il 72% delle loro imprese. Tuttavia, la loro presenza sta crescendo anche nei settori dell’accoglienza e del turismo, soprattutto nei centri urbani.

lavoro

Gli imprenditori nigeriani, invece, si concentrano principalmente nei settori del commercio all’ingrosso e al dettaglio, della ristorazione, dei servizi di assistenza alla persona, del trasporto e della logistica. Altri settori in cui gli imprenditori africani sono particolarmente attivi includono costruzioni, manifattura e agricoltura.

A livello geografico, le imprese di immigrati africani si concentrano soprattutto nel Nord e nel Centro Italia, con una maggiore presenza in Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Veneto e Toscana. Queste aree offrono maggiori opportunità lavorative e un mercato più dinamico per l’autoimprenditorialità.

Ostacoli e opportunità

Crescere e innovare in un nuovo paese non è semplice, e gli imprenditori africani in Italia devono spesso affrontare ostacoli strutturali che rallentano o complicano l’avvio e la gestione delle loro attività. Uno dei principali problemi è legato alle modalità di ingresso nel Paese: il decreto flussi, che regola l’accesso dei lavoratori stranieri, non risponde alle reali necessità del mercato del lavoro, creando rigidità e limitando le opportunità per chi vorrebbe investire nel tessuto economico italiano.

Durante la presentazione del Rapporto 2024, Giulia Gori della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei) ha sottolineato l’importanza di soluzioni alternative come quelle che consentono alle aziende di formare lavoratori stranieri prima dell’assunzione, oltra la quota degli ingressi. “Questa apertura ha permesso di sperimentare nuovi percorsi, includendo anche persone con bisogni di protezione”, ha spiegato.

Un altro strumento per facilitare l’accesso al lavoro è rappresentato dai corridoi lavorativi, che consentono a rifugiati e apolidi di ottenere un visto per motivi professionali. “Questi programmi stanno dimostrando il loro valore, ma restano limitati nei numeri”, ha dichiarato Andrea Pecoraro dell’Unhcr, citando l’esperienza del progetto ReadyForIT, che nel 2024 ha permesso a 25 rifugiati africani di entrare nel settore IT in Italia. Anche Stefania Congia, direttrice generale dell’Immigrazione e delle Politiche di integrazione del Ministero del Lavoro, ha riconosciuto il potenziale di queste iniziative, pur sottolineando la necessità di rispondere in modo più mirato alle esigenze del mercato del lavoro.

lavoro donne

Ma se arrivare in Italia e ottenere un visto è spesso un’impresa, altrettanto lo è accedere ai finanziamenti per avviare un’attività. Il credito bancario resta una delle principali barriere per gli imprenditori immigrati, spesso privi di garanzie patrimoniali o di una storia creditizia riconosciuta dagli istituti di finanziamento. “Facilitare l’accesso al microcredito e rafforzare la formazione imprenditoriale è essenziale”, ha dichiarato Marco Vicentini, vicepresidente di Cna, evidenziando l’importanza di accompagnare queste imprese nel loro percorso di crescita.

Alla chiusura dell’evento, Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos, ha voluto riportare l’attenzione sull’impatto positivo dell’imprenditoria immigrata. “Molti di questi imprenditori sono giovani, spesso di seconda generazione, e generano occupazione non solo per altri stranieri, ma anche per gli italiani”, ha affermato, sottolineando come le loro sfide e aspirazioni siano ormai sempre più simili a quelle degli imprenditori autoctoni. Una base comune da cui partire per costruire un patto sociale che guardi al futuro con maggiore inclusione e visione.

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