A sessant’anni dalla prima volta, i Paesi non allineati si sono ritrovati per due giorni a Belgrado, dove tutto era iniziato, per rilanciare la necessità del multilateralismo nelle relazioni internazionali.
Lunedì e martedì le delegazioni di più di 100 Paesi e diversi ospiti hanno celebrato l’anniversario della prima conferenza del Movimento dei non allineati voluta e ospitata nel 1961 dalla Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito.
Con questa conferenza nacque il Movimento dei non allineati: un gruppo di Paesi che si rifiutarono, in piena guerra fredda, di schierarsi con i blocchi che sostenevano gli Stati Uniti e l’Unione sovietica, le due superpotenze dell’epoca, per rimanere indipendenti. Insieme a Tito gli altri maggiori promotori furono il presidente indiano Jawaharlal Nehru e quello egiziano Gamal Abd el-Nasser.
Lo sviluppo del movimento è andato di pari passo con il processo di decolonizzazione e ha anche unito le forze con vari altri movimenti come il panafricanismo, l’afroasiatismo e il panarabismo. Alla prima conferenza partecipano venticinque Paesi, principalmente africani e asiatici: Afghanistan, governo provvisorio della Repubblica algerina (Gpra), Arabia Saudita, Birmania, Cambogia, Ceylon, Cipro, Cuba, Etiopia, Ghana, Guinea, Egitto, India, Indonesia, Iraq, Libano, Mali, Marocco, Nepal, Somalia, Sudan, Tunisia, Yemen del Sud e Jugoslavia. Oggi i membri sono 120 con 18 Stati osservatori.
Gli obiettivi dei “primi non allineati” erano il proseguimento della decolonizzazione, il mantenimento della pace e la sovranità degli Stati, la tolleranza, l’uguaglianza, lo sviluppo economico e sociale, la lotta alla povertà. Questi principi sono ora arricchiti dalle nuove sfide del multilateralismo, della lotta ai cambiamenti climatici, della protezione dell’ambiente, dello sviluppo scientifico e tecnologico, come è stato evidenziato a Belgrado.
All’evento di questi giorni, promosso insieme da Serbia e Azerbaijan, erano presenti 500 delegati dei Paesi membri e dei Paesi osservatori e delle organizzazioni internazionali, in larga parte provenienti da Asia e America Latina, Africa. Quest’ultimo è il continente più rappresentato con 53 Stati. Erano presenti poi il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov, il cui paese dallo scorso luglio ha lo status di osservatore, il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, e il figlio dell’ex fondatore Nasser.
Nonostante il peso del Movimento non sia minimamente paragonabile a quello che aveva durante la guerra fredda i due giorni di vertice sono stati l’occasione per rilanciare la cooperazione internazionale e il multilateralismo, in un momento critico come quello odierno in cui il mondo cerca di uscire dalla pandemia con il tema dell’accesso ai vaccini che è stato al centro di numerosi interventi.
Il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev, che è l’attuale presidente dell’Mna, si è rivolto ai partecipanti in apertura affermando che il suo Paese “non risparmierà sforzi” per rafforzare il ruolo del Movimento “di fronte alle sfide globali nelle relazioni internazionali e per difendere la giustizia e il diritto internazionale”, specialmente quando sono in gioco l’integrità territoriale e la sovranità degli Stati membri. Aliyev si è detto anche contrario al nazionalismo dei vaccini, mentre il presidente serbo Aleksandar Vucic ha detto che la pandemia di covid-19 ha dimostrato che nessun Paese è un’”isola sperduta”.
Il presidente del Ghana, Nana Akufo Addo ha sostenuto che molti Paesi in via di sviluppo sono ancora troppo dipendenti dalle grandi potenze, in riferimento alla campagna vaccinale contro il covid-19, che in particolare in Africa procede a rilento con poche scorte. Addo ha rilanciato inoltre la necessità del disarmo delle superpotenze, per prevenire la minaccia nucleare.
È intervenuto in collegamento anche Abdulla Shahid, presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, secondo il quale il Movimento è “la chiave di volta del sistema multilaterale mondiale”, nonostante se le condizioni in cui si muove sono mutate. Shadid ha fatto riferimento ai cambiamenti climatici per affrontare i quali è necessario un approccio globale.
(Tommaso Meo)