Ad andare a votare, alle elezioni legislative di Capo Verde, sono state soprattutto donne. Questa massiccia presenza femminile ha una ragione molto chiara e evidente: la speranza sincera che a uscire vincitrice dalle urne possa essere Janira Hopffer Almada, l’avvocata leader del Partito africano per l’indipendenza di Capo Verde (Paicv). Lei, 42 anni e presidente del Paicv dal 2014, ci spera e ci crede. Sarebbe la prima volta per l’arcipelago atlantico. A differenza di quel che abbiamo visto in molte, recenti elezioni africane, l’esito in questo caso non è scontato. I sondaggi danno in una quasi parità Hopferr Almada e il premier in carica, Ulisses Correia e Silva, espressione del Movimento per la Democrazia (Mpd). Nessuno dei due partiti principali dovrebbe emergere come vincitore assoluto nel voto di domenica, dando ai quattro partiti minori la possibilità di dire la loro.
La giornata elettorale si è svolta in tranquillità, a parte qualche ritardo. Il partito di governo avrebbe provato a fare un po’ di gioco sporco, continuando la campagna anche quando teoricamente era entrato in vigore il silenzio elettorale. Nelle elezioni legislative capoverdiane vengono eletti 72 deputati per un mandato di cinque anni, due dei quali del circolo dell’Africa, due del circolo dell’America e due del circolo dell’Europa e del resto del mondo. La diaspora capoverdiana nel mondo rappresenta una parte significativa di elettorato. Capo Verde ha un sistema semi-parlamentare in cui il primo ministro esercita il potere esecutivo mentre il presidente entra in gioco in caso di controversie intrattabili. Si è classificato appena dietro Mauritius come il paese più democratico dell’Africa sub-sahariana nell’Indice di democrazia 2020 dell’Economist Intelligence Unit. L’arcipelago sta vivendo una pesante fase recessiva a causa della crisi del turismo, determinata dalla pandemia, che rappresentava il settore trainante.