Il Ruanda spalanca le porte ai migranti della Libia

di Enrico Casale
migranti nel sahara

Il Ruanda accoglierà migliaia di migranti intrappolati in Libia. Ad annunciarlo è Louise Mushikiwabo, il ministro degli Esteri di Kigali. «Il nostro governo – ha detto ad alcuni media locali – è pronto a ospitare gli africani intrappolati nel Nord Africa, anche se il Ruanda era un posto piccolo». Ha poi condannato il regime di schiavitù in Libia denunciato nel reportage dell’emittente statunitense Cnn.

Il presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki Mahamat, ha espresso apprezzamento per il gesto del Ruanda e ha invitato altri governi africani e la società civile a lavorare insieme per aiutare i migranti. «Apprezzo profondamente l’offerta fatta dal governo del Ruanda per reinsediare fino a 30mila migranti africani che languiscono in Libia o trasportare coloro che desiderano tornare nei loro Paesi di origine – ha detto Moussa Faki Mahamat -. Invito tutti gli Stati africani a mettere in comune le risorse e aggiungere le voci per sostenere i nostri fratelli e sorelle che soffrono in Libia».

Il Ruanda non è nuovo a operazioni di questo tipo. Nel 2015, insieme all’Uganda, ha firmato una seri di accordi segreti con Israele. I due Paesi africani si sono impegnati ad accogliere i rifugiati che non possono ritornare in Eritrea e Sudan in quanto sarebbero immediatamente giustiziati dai rispettivi regimi. In cambio dell’accoglienza dei rifugiati politici deportati da Israele, Ruanda e Uganda ricevono una considerevole somma di denaro versata sotto forma di aiuti alla cooperazione bilaterale e forti sconti nell’acquisto di armi israeliane.

La deportazione di eritrei e sudanesi è forzata ma il governo israeliano offre 3.500 dollari ad ogni rifugiato deportato. In caso di rifiuto vengono immediatamente imprigionati. Molti rifugiati preferiscono essere deportati in Uganda perché in Ruanda, eritrei e sudanesi si inseriscono in una società aliena alle loro usanze, cultura e lingue e in Uganda il controllo poliziesco è meno invasivo.

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