Luigi Christopher Veggetti Kanku, 42 anni, nato a Kinshasa e cresciuto in Brianza è pittore e scultore, il primo artista afroitaliano nei primi anni Duemila a muoversi a livello professionale nel mondo dell’arte, occupandosi di afrodiscendenza. Da allora la sua ricerca artistica è diventata sempre più sociologica e attenta alle minoranze
di Elisa Mariani
Cos’è la leadership per qualcuno che ha saputo farsi strada in un mercato come quello dell’arte? Nato a Kinshasa nel 1979 e cresciuto in Brianza, Luigi Christopher Veggetti Kanku è un pittore e scultore e, come si è definito lui stesso, agli inizi degli anni Duemila è stato il primo artista afroitaliano a muoversi a livello professionale nel mondo dell’arte, trattando il tema dell’afrodiscendenza. Ma la sua ricerca è andata avanti e sul filone sociologico «in cui racconto il cambiamento antropologico italiano dal punto di vista del tessuto sociale, focalizzandomi sulle minoranze», racconta Veggetti Kanku, si è innestata una produzione artistica in cui la protagonista è l’Italia. Cinquanta tele per ogni città scelta, da Pescara a Spello, passando per Firenze.
“Vedute urbane ma anche paesaggi naturalistici. Mi piace l’idea di raccontarne il lato magico, i suoi paesaggi meno conosciuti: la rappresento dal punto di vista di un italiano, tra virgolette, differente. Di fatto questo secondo percorso conclude il primo. Ho raccontato il disagio e ora racconto il senso di appartenenza a questo Paese”, spiega l’artista.
Una calda giornata di sole
Luigi Christopher Veggetti Kanku, i cui primi ritratti sono stati una forma di educazione indiretta alla diversità che si è fatta spazio nelle case dei propri acquirenti, è molto netto nel rivendicare il diritto a concentrarsi su altro e attentissimo a non farsi strumentalizzare. Allo stesso tempo però, come spiega, «difendo il momento: se è solo un modo di compiacere l’interlocutore che vuole sentirti parlare di razzismo no, ma se il tuo è un messaggio onesto ha senso che tu prenda posizione».
Il primato – gli americani direbbero la leadership – sta nel riuscire a conciliare l’urgenza del messaggio sociale con la propria ricerca, cosa che Veggetti Kanku ha fatto nell’opera Una calda giornata di sole, recentemente entrato nella collezione del Mudec. «Il titolo è una provocazione» – a cui Veggetti Kanku non è nuovo – «Se lo Stato non si occupa del caporalato, quella rappresentata è solo una calda giornata di sole».
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L’effetto dell’omicidio di George Floyd
Sulla genuinità dell’attuale interesse verso le nuove generazioni di italiani si dice apertamente molto scettico.
“Alcuni non si rendono conto che questo focus improvviso è davvero dato da una questione di mercato e l’ipocrisia delle aziende, anche di quelle editoriali, lascia interdetti. Se non fosse morto George Floyd e se non fosse seguito uno sgomento internazionale, l’Italia non sarebbe arrivata a questo punto. E certo non ci è arrivata per una maturazione sociale”, ha detto.
Secondo Veggetti Kanku, «Siamo comunque andati avanti: ora siamo considerati una minoranza visibile. L’Italia non è cambiata ma abbiamo fatto uno switch di immagine. Ma prima che da noi dell’arricchimento del nostro tessuto sociale se ne sono accorti all’estero». E sulla scena del mondo dell’arte si vede la nuova generazione? «C’è movimento. Nel mio settore in realtà siamo ancora pochi ma ora, grazie a questo interesse, qualcuno ha l’opportunità di emergere. C’erano anche prima, ma nessuno li aveva visti».
(Elisa Mariani – NuoveRadici.world)
Foto: Luigi Christopher Veggetti Kanku
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