Il Sudafrica volta pagina con un governo di unità nazionale

di claudia

di Maria Scaffidi

Lo hanno anche chiamato governo di unità nazionale e sulla carta in realtà non lo è perché tiene fuori due formazioni importanti come uMkhonto we Sizwe di Jacob Zuma ed Economic Freedom Fighters di Julius Malema. Ma quello nato ieri in Sudafrica può ambire davvero a essere un governo di unità nazionale perché in qualche modo può aprire la strada per superare divisioni e steccati che la fine dell’apartheid non ha cancellato. Alla presidenza è stato rieletto, come ampiamente previsto, Cyril Ramaphosa.

Dopo estenuanti trattative e mal di pancia, l’African National Congress – costretto per la prima volta dal 1994 a formare un governo di coalizione avendo perso la maggioranza assoluta – ha siglato un accordo con la Democratic Alliance (Da), il secondo partito in termini di seggi conquistati ma soprattutto il partito legato alla minoranza bianca. Insieme a loro a guidare il Paese si siederanno due formazioni minori: l’Inkatha Freedom Party e il Patriotic Party. 

Il verdetto definitivo sul prossimo governo sudafricano è arrivato ieri in occasione della sessione inaugurale del parlamento, chiamato innanzitutto a scegliere i suoi stessi vertici e il capo dello Stato. 

Il punto fondamentale che rappresentanti di più partiti hanno sottolineato è la volontà di andare oltre il colore della pelle, di provare a costruire realmente quel Paese che Nelson Mandela aveva sognato e per il quale aveva lottato. Non sarà facile e richiederà non semplicemente di andare oltre i colori ma di costruire un sistema egualitario. 

“Oggi è un passo notevole dopo le elezioni del 29 maggio”, ha detto ai giornalisti il segretario generale dell’Anc Fikile Mbalula, aggiungendo che i partiti inclusi nel governo di unità nazionale coopereranno sia nel ramo esecutivo che in quello legislativo.

“Per la prima volta dal 1994, abbiamo intrapreso un trasferimento pacifico e democratico del potere a un nuovo governo che sarà diverso dal precedente” ha detto a sua voltail leader della Da John Steenhuisen in un discorso televisivo.

Cyril Ramaphosa

Eff, che è arrivato quarto alle elezioni, ha affermato che sarebbe stato disposto a collaborare con l’Anc ma non con la Da. “Non siamo d’accordo con questo matrimonio di convenienza per consolidare il potere monopolistico dei bianchi sull’economia e sui mezzi di produzione”, ha detto il leader dell’Eff Julius Malema in un discorso in parlamento dopo l’elezione di Ramaphosa. “Ci rifiutiamo di svenderci”.

Toni altrettanto fermi sono arrivati dal partito di Zuma che comunque ha contestato la legittimità stessa di questo parlamento denunciando brogli. 

A fronte di passaggio storico vissuto dal Sudafrica, passano quasi in secondo piano i risultati dei voti di ieri: Thoko Didiza, parlamentare dell’African National Congress ed ex ministra dell’Agricoltura, è la nuova speaker dell’Assemblea nazionale; come sua vice avrà Annelie Lotriet, della Democratic Alliance; e alla presidenza è stato rieletto, come ampiamente previsto, Cyril Ramaphosa. Per il suo secondo mandato Ramaphosa è stato scelto da 283 parlamentari. La maggioranza parlamentare sarà costituita da African National Congress (159 seggi), Democratic Alliance (87), Inkatha Freedom Party (17), Patriotic Party (17). All’opposizione ci saranno soprattutto uMkhonto we Sizwe (58 seggi) ed Economic Freedom Fighters (39).

“Sarà ancora una volta un privilegio e un piacere servire questa grande nazione come presidente” ha detto Ramaphosa nel suo discorso, descrivendo il prossimo governo come un’era di speranza e inclusività. “Il fatto che un certo numero di partiti che si erano opposti tra loro… abbiano deciso di lavorare insieme per ottenere questo risultato ha dato una nuova nascita, una nuova era al nostro Paese”.

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