Prince, il principe. Un ragazzino di 14 anni come tanti altri, se non fosse che abita in Costa d’Avorio, in un quartiere periferico della capitale economica Abidjan. Lo conoscevano in tanti, tutta gente del suo quartiere. Da lì non si è mai mosso. Eppure un giorno di gennaio di quest’anno, il 6, esce di casa per andare a scuola, come tutti i giorni, sempre lo stesso percorso. Il padre lo saluta e va al lavoro. La normale routine. Eppure succede qualcosa di inconsueto. Prince decide di prendere un’altra strada, quella dell’aeroporto. Ma per fare che cosa? E chi gli ha detto che poteva farlo? Domande che assillano il padre di Prince, Marius Ani Oulakolè, che non ha più visto da vivo suo figlio. Prince lo ritrovano il giorno dopo assiderato in un carrello di un aereo della Air France a Parigi. Il padre ne denuncia la scomparsa l’8 gennaio. Ecco dove era finito quel giovane ivoriano che non aveva mai manifestato la volontà di partire, di tentare il viaggio della speranza verso l’Europa. Marius non se ne dà ragione. Non capisce ma, soprattutto, vuole riportare in patria il corpo del figlio, riconoscerlo, vederlo per l’ultima volta, e dargli una degna sepoltura. Ma non sa come fare. Gli si pongono innanzi diversi ostacoli che non sa superare. Le sue forze non gli bastano.
La storia di questo quattordicenne è raccontata in un libro: “Prince, il corpo del figlio”, scritto a quattro mani dalla giornalista Chiara Alessi e dal padre di Prince, edito dalla casa editrice People. Un libro da leggere. Chiara Alessi si trova proprio ad Abidjan nei giorni della tragedia, per un viaggio programmato tempo prima, e pensa che sia importante raccontare questa storia. Va così a trovare Marius, il padre di Prince. Inizia un dialogo che diventa un libro in cui si parla del dolore, della dignità, della battaglia di un padre per poter riconoscere il figlio, di un volo a Parigi per poterlo vedere per l’ultima volta e di un ritorno a casa per i funerali. Un libro appassionato, indispensabile per capire che, indipendentemente da dove ci si trovi, Abidjan, Milano o Parigi, condividiamo la stessa storia e una parte di destino. Ma scorrendo quelle pagine si capisce anche un’altra cosa: il mondo è diviso tra chi può tutto e chi quasi nulla. Prince e il madre Marius appartengono a quella parte di mondo in cui non si può quasi nulla. Il libro racconta una vicenda tragica: il desiderio del padre di riavere il figlio, un padre che si scontra contro l’assurdità delle burocrazie che non hanno rispetto della dignità di uomo che non chiede altro che dare una sepoltura degna al figlio.
Il padre, in lunghe pagine piene di dolore, ci pone tante domande. Come è possibile che un «ragazzo di quattordici anni, inoffensivo e ingenuo, che un minore fragile e senza forza» abbia potuto eludere tutti quei dispositivi di sicurezza dell’aeroporto di Abidjan? «Prince, però, non si è mai comportato così», continua Marius, «era un ragazzo educato e senza pretese». Come tutti i ragazzi del mondo, Prince, aveva «sogni e passioni. I sogni che aveva condiviso con me. Voleva andare avanti con gli studi, all’università, voleva superare il livello raggiunto dai suoi fratelli maggiori e diventare uno scienziato». La fatica dello studio non ha mai spaventato Prince. Marius, nel libro, si pone una domanda cruciale: «Cosa è successo davvero a mio figlio? Io non so cosa sia capitato, ma penso e credo all’ipotesi di un manipolatore, di un venditore di illusioni, di una persona che ha fatto il lavaggio del cervello o della memoria. Prince ha dovuto affidarsi a qualcuno che ha sicuramente approfittato della sua ingenuità, finendo per ucciderlo». E Marius va oltre: «Qualcuno ha approfittato del semplice sogno di un ragazzo innocente e l’ha riempito di speranze e illusioni, solo per assecondare i propri malvagi interessi economici».
Ora Prince ha trovato la sepoltura che meritava, ma questa tragica vicenda non deve essere avvolta dall’oblio come tante altre tragedie umane. Questo libro aiuta a tenerla viva, a ricordarla così come il padre non dimenticherà mai Prince.
(Angelo Ravasi)