Il vissuto e la balena, di Brhan Tesfay

di AFRICA
Il vissuto e la balena, di Brhan Tesfay

Un racconto filosofico. Ma anche… psicanalitico. Nato forse pensando più al teatro che alla forma-libro, e fatto in larga misura di dialoghi che evocano atmosfere alla Aspettando Godot, o pirandelliane se non, passando al cinema, antonioniane.

I ricordi d’infanzia di Wer Togo (siamo ad Asmara, terra d’origine dell’autore? Ma le determinazioni di luogo sono volutamente vaghe); poi il suo assistere alla morte del padre che gli trasmette un segreto; quindi lo scandalo che, professore ormai alla vigilia della pensione, Togo provoca nell’esortare gli alunni a non leggere; e infine – e questo occupa circa metà libro – la sua pressoché surreale conversazione con Goto, che come lui aspetta alla fermata di un bus che non arriverà mai, che si arricchisce con l’apparizione di una donna misteriosa, che due infermieri psichiatrici poi si porteranno via.

È un testo leggibile «in vari modi e a vari livelli, come uno spartito», dice Paolo Crepet nella Nota introduttiva, e in cui una delle frasi chiave è che «il vissuto si può raccontare ma non si può condividere». O, come ascoltiamo in uno scambio di battute: «Le dirò, non solo ognuno ha un proprio mondo, bensì ognuno è un mondo a sé stante».

In filigrana vi si può leggere la questione dell’identità, come pure dell’incontro tra diversi (e ognuno è diverso). Ma sicuramente Bhran Tesfay, che già prima non amava l’etichetta di “letteratura migrante” italiana, con questo romanzo breve conferma di volersi ritagliare uno spazio tutto suo.

Sui, 2016, pp. 109, € 14,50

(Pier Maria Mazzola)

Condividi

Altre letture correlate:

Lascia un commento

Accetto la Privacy Policy

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.