Per il secondo anno consecutivo il premio per la miglior baguette (il tipico pane francese) di Parigi è stato assegnato al panettiere franco-senegalese Djibril Bodian. Come ricompensa, il fornaio fornirà del suo pane l’Eliseo, sede della Presidenza della Repubblica transalpina. Questa vittoria è il simbolo dell’integrazione di molti migranti. Un’integrazione tale che è arrivata a identificarsi con gli stessi simboli del Paese ospitante, la Francia in questo caso. Ma anche in Italia, pur tra numerose contraddizioni, i migranti stanno diventando sempre più indispensabili e integrati. Secondo il 24° Rapporto Immigrazione Caritas e Migrantes, presentato ieri, nel nostro Paese gli immigrati sono ormai l’8% della popolazione (5 milioni e 73 mila) e contribuiscono alla ricchezza nazionale per l’8,8%, e per una cifra complessiva di oltre 123 miliardi di euro.
Dai dati Istat emerge che, rispetto al 2013, nel 2014 il trend occupazionale per gli stranieri è stato positivo, con un aumento del 3,5% degli occupati extra Ue e del 4,6% di quelli Ue. I settori in cui sono impiegati sono quelli del lavoro non qualificato (35,9%, contro 7,8% degli occupati italiani): servizi collettivi e personali, alberghi e ristoranti, costruzioni, agricoltura, industria e trasporto.
Brutte notizie vengono invece nel campo degli stipendi. La retribuzione netta media mensile dichiarata dagli occupati italiani è di 1.326 euro, quella relativa ai cittadini comunitari scivola a 993 euro, per scendere ulteriormente a 942 euro per i cittadini non comunitari.
Gli immigrati sono però anche imprenditori. Secondo i dati Unioncamere, sono oltre 300mila le imprese con a capo un immigrato, in aumento rispetto agli anni precedenti. Crescono anche i nuovi cittadini italiani: le acquisizioni di cittadinanza nel 2012 (soprattutto a marocchini ed albanesi, le due cittadinanze presenti da più tempo in Italia) sono aumentate, rispetto all’anno precedente, del 16,4% (65.383).
L’immigrazione offre quindi un contributo concreto all’economia e alla società italiana. Una politica che favorisca l’integrazione non è quindi un favore ai nuovi venuti, ma un aiuto anzitutto a noi stessi.