Si tratta di un alimento base per molte popolazioni dell’Africa occidentale e dell’area subsahariana. Il prezzo è schizzato in alto a causa delle crisi, belliche, energetiche e ambientali che stanno travolgendo il mondo
Il riso è l’alimento base in molti paesi dell’Africa occidentale, ma il prezzo è schizzato in alto e comincia a scarseggiare nei mercati. La crisi Ucraina, le alluvioni in Pakistan, il protezionismo dell’India hanno ridotto le capacità di approvvigionamento degli stati africani. In Liberia, per esempio, si moltiplicano le code davanti ai grossisti per comprare un sacco di riso.
La gente passa ore interminabili e, spesso, torna a casa senza nemmeno un chicco di riso e così è costretta a ripassare il giorno dopo sperando che vada meglio. Una situazione insostenibile che rischia di scatenare tensioni sociali in stati già di per sè fragili e che ora vedono la crisi economica internazionale pungere più che in altri parti dell’Africa.
La situazione drammatica in Liberia
La Liberia, un piccolo stato dell’Africa occidentale di 5 milioni di abitanti di cui il 27,6% vive sotto la soglia di povertà internazionale, cioè 2,15 dollari al giorno, è stata particolarmente colpita a causa dei ritardi nelle consegne. I prezzi del riso sono aumentati costantemente negli ultimi sei mesi fino a raggiungere l’equivalente di circa 25 dollari per un sacco da 25 chilogrammi, mentre il prezzo sarebbe teoricamente fissato dalle autorità a 13 dollari.
La portavoce del Programma alimentare mondiale per l’Africa occidentale, Djaounsede Madjiangar, spiega che la carenza di riso è dovuta a “ritardi nelle consegne” e il “prezzo è chiaramente influenzato dalla crisi in Ucraina“, sottolineando che circa il 70% degli alimenti base della Liberia, compreso il riso, viene importato.
“Come in molti altri paesi dell’Africa occidentale, l’aumento dei prezzi dei generi alimentari interni riflette l’andamento internazionale, determinato in gran parte dalla crisi energetica globale derivante dalla crisi russa e ucraina“. In una nota il ministero del Commercio liberiano ha invitato i suoi cittadini a non farsi prendere dal panico, a “mantenere la calma”.
Non solo, ha esortato i commercianti a non speculare sulla merce accumulandola. “Vogliamo assicurare – si legge nella nota del ministero – che l’attuale stock di riso nel paese puo’ servire il mercato fino all’arrivo della prossima nave, previsto nei prossimi giorni”. Il ministero, inoltre, ha assicurato che tra metà ottobre e inizio novembre arriveranno circa 150 mila tonnellate di riso.
Insomma per il governo della Liberia è tutto sotto controllo, per la gente un po’ meno e i prezzi e quantità che scarseggiano lo dimostrano. La Liberia, inoltre, soffre di una forte inflazione e di una regolare carenza di liquidità e, secondo le Nazioni Unite, è uno dei paesi meno sviluppati al mondo.
Il problema delle esportazioni
La crisi delle forniture del riso riguarda un po’ tutta l’Africa subsahariana e si è aggravata ulteriormente dopo le inondazioni che hanno investito il Pakistan e alla decisione dell’India di limitare le sue esportazioni. Nuova Delhi ha vietato le esportazioni di riso spezzato (frammenti di chicchi rotti) e ha imposto un dazio del 20% sulle esportazioni di riso di qualità superiore.
Con questa misura, il più grade esportatore mondiale cerca di abbassare i prezzi a livello locale, dopo che le piogge monsoniche sono state inferiori alla media. Le esportazioni potrebbero, grazie a questa misura, crollare del 25% nei prossimi mesi. Tutti i cereali sono aumentati, e anche il riso si è unito a questa tendenza, ha spiegato Himanshu Agarwal, direttore di Satyam Balajee – il principale esportatore di riso indiano.
Al tempo stesso, Thailandia e Vietnam hanno deciso di aumentare i prezzi per remunerare meglio i loro agricoltori. Secondo Phin Zinell, economista alimentare presso la National Australia Bank, ci “saranno tensioni significative sulla sicurezza alimentare in molti paesi”. E a farne le spesse, maggiormente, sarà l’Africa, tanto più che la situazione in Pakistan, di fronte alle alluvioni che lo hanno investito, potrebbe pesare sui prezzi mondiali.
Un altro fattore rischia di aggravare ulteriormente la situazione: la forte domanda cinese di rotture di riso per sostituire il mais che è diventato troppo costoso per nutrire il bestiame, provocando così un innalzamento dei prezzi. Tutto ciò, evidentemente, rappresenta una brutta notizia sul fronte della sicurezza alimentare nell’Africa subsahariana, che dipende in larga misura dalle importazioni di cereali bianchi dall’Asia.
L’Africa, quest’anno, potrebbe assorbire il 40% del commercio mondiale di riso, ovvero 20 milioni di tonnellate, un vero e proprio record. La dipendenza dalle importazioni di riso è cronica e durerà nel tempo, anche perchè la produzione locale non è in grado di seguire la curva dei bisogni che cresce con la crescita demografica urbana.
In Africa il riso è l’alimento preferito dagli abitanti delle città perché è un prodotto pronto all’uso a differenza dei tradizionali cereali, come il miglio e il sorgo, che hanno bisogno di una preparazione. Se la sicurezza alimentare in Africa subsahariana non si basa esclusivamente sul riso, come in altri continenti, questo rimane il secondo cereale più consumato dopo il mais. L’impennata dei prezzi rappresenta un nuovo colpo per le popolazioni africane, già indebolite dall’aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, soprattutto quelli agricoli.
Angelo Ferrari – Agi