La pandemia da covid-19 ha avuto un serio impatto sulla risposta all’Aids in Africa, e nel mondo, e potrebbe sconvolgerla ulteriormente a causa delle interruzioni nei trattamenti dovute all’emergenza sanitaria. Una costatazione che torna a far riflettere sulla drammatica incidenza del virus Hiv in Africa dove, secondo il rapporto 2020 del programma delle Nazioni Unite per l’Hiv/Aids (Unaids) intitolato ‘Seizing the moment‘, le donne e le ragazze della fascia subsahariana del continente continuano ad essere le più colpite e rappresentano il 59 per cento di tutte le nuove infezioni da Hiv nella regione nel 2019, con 4500 ragazze adolescenti e giovani donne tra i 15 e i 24 anni che vengono infettate dal virus ogni settimana.
di Valentina Giulia Milani
Secondo il rapporto Unaids ci sono stati progressi nell’Africa orientale e meridionale, dove le nuove infezioni da Hiv si sono ridotte del 38 per cento dal 2010. Questo è in netto contrasto con l’Europa orientale e l’Asia centrale, che ha visto un impressionante aumento del 72 per cento di nuove infezioni dal medesimo anno. Le nuove infezioni da Hiv sono però aumentate anche in Nord Africa del 22 per cento.
A distinguersi sia in negativo che in positivo positivo è il regno di eSwatini dove si registra uno dei più alti tassi di prevalenza dell’Hiv nel mondo ma dove si stanno raggiungendo gli obiettivi di trattamento 95-95-95 (il 95 per cento delle persone che vivono con l’Hiv conoscono il loro stato, di cui il 90 per cento è in trattamento antiretrovirale e di cui il 90 per cento è viralmente soppresso).
Unsaid sottolinea però che il covid non è l’unico ostacolo alla prevenzione e al trattamento dell’Hiv: in Africa, come in altri Paesi, lo stigma e la discriminazione, insieme ad altre disuguaglianze sociali e all’esclusione, si stanno rivelando barriere enormi. Le popolazioni emarginate che temono il giudizio, la violenza o l’arresto fanno fatica ad accedere ai servizi di salute sessuale e riproduttiva, specialmente quelli relativi alla contraccezione e alla prevenzione dell’Hiv. Lo stigma contro le persone che vivono con l’Hiv è infatti ancora comune.
In questo contesto, è fallita, a inizio settembre, per risultati inconcludenti, la sperimentazione in Africa di un vaccino per la prevenzione dell’Hiv condotta dal laboratorio Johnson & Johnson (J&J). Il programma soprannominato Imbokodo, realizzato in Malawi, Mozambico, Zambia, Sudafrica e Zimbabwe, ha coinvolto dal 2017 circa 2600 donne, divise tra un gruppo che ha ricevuto il vaccino e un altro gruppo il placebo. I risultati annunciati da J&J in un comunicato stampa hanno riscontrato 63 infezioni nel gruppo placebo contro 51 nei partecipanti che hanno ricevuto il vaccino, per un’efficacia del 25,2%, troppo bassa per rendere utile il vaccino. Lo studio ha ricevuto il sostegno sia dell’Istituto nazionale statunitense contro le allergie e malattie infettive sia della Fondazione Bill e Melinda Gates.
Lo stop alla sperimentazione Imbokodo ha rappresentato una grande delusione per la lotta contro la malattia che colpisce 38 milioni di persone nel mondo, molte delle quali nel continente africano, e per la quale la ricerca di un vaccino non ha portato a un successo da decenni