Crescono le condanne a morte nel mondo. E di questo aumento in gran parte è responsabile l’Africa. A denunciarlo è Amnesty International nel rapporto sulle pene capitali pubblicato ieri, 1° aprile.
Ma andiamo con ordine. Nel 2014 le condanne a morte comminate sono state complessivamente 2.466, il 28% in più rispetto al 2013, ma le esecuzioni registrate sono state 607, il 22% in meno rispetto al 2013 (Cina esclusa che esegue moltissime condanne, ma sulle quali mantiene un riserbo assoluto).
Il numero delle pene capitali comminate nel 2014 supera di quasi 500 unità quelle del 2013. Questo soprattutto a causa dell’Egitto e della Nigeria, i cui tribunali hanno emesso sentenze capitali nell’ambito della difficile situazione politica e di sicurezza interna che stanno vivendo i due Paesi.
In Nigeria sono state emesse 659 condanne, 500 in più rispetto al 2013. A farne le spese soprattutto i terroristi di Boko Haram, ma anche i militari delle forze armate che si sono ammutinati nel corso del conflitto contro i jihadisti,
In Egitto, invece, ne sono state emesse 509, 400 in più rispetto all’anno precedente. In questo caso i giudici hanno preso di mira i militanti della Fratellanza musulmana, movimento scalzato dal potere dal generale Abd Fatah al Sisi.
A questi dati negativi fanno da contraltare quelli positivi registrati nell’Africa subsahariana, In questa regione sono state registrate 46 esecuzioni in tre Paesi (Guinea Equatoriale, Somalia e Sudan). Comunque in calo rispetto alle 64 eseguite nel 2013. Inoltre il Madagascar, dopo una lunga discussione, in dicembre ha approvato l’abolizione della pena di morte.
«L’aumento delle condanne alla pena capitale – spiegano i responsabili di Amnesty International – è dovuto al fatto che molti politici e molti magistrati ritengono che questa pena sia l’unico mezzo per contrastare criminalità, terrorismo e instabilità interna. Una convinzione erronea come hanno dimostrato decine di casi in passato».