Ai primi di marzo un immigrato proveniente dal Nepal e impiegato nelle serre dell’Algarve, nel Portogallo del sud, è stato male mostrando i sintomi del Covid-19. Con lui lavoravano altri 79 connazionali. Non tutti avevano i documenti. Risultato: pur essendo stati messi in quarantena, molti di loro sono fuggiti durante la notte. Temevano di essere arrestati ed espulsi.
Questo episodio, riportato dai media portoghesi e che ha avuto molta eco anche in Spagna, ha ben evidenziato la necessità, al tempo del coronavirus, di rivedere le politiche migratorie. Un episodio che è stato la premessa della svolta portoghese.
Il governo guidato da António Costa infatti ha dato nei giorni scorsi il via libera a una sanatoria per gli stranieri privi di permesso di soggiorno e/o in attesa di rinnovo che avessero presentato la domanda. La misura sarà retroattiva e permetterà di accedere ai servizi sanitari, aprire conti bancari, richiedere i sussidi straordinari disposti per accudire i figli in questa fase d’emergenza e accedere al mondo del lavoro.
La decisione di Lisbona è dettata dal pragmatismo, ancora prima che da considerazioni altruistiche: in questa fase non ci si può permettere di avere sul territorio persone che sfuggono al monitoraggio sanitario delle autorità. «È importante garantire i diritti dei più fragili, come nel caso degli immigrati», ha spiegato il ministro dell’Interno, Eduardo Cabrita. Anche nei confronti dei senzatetto e di altre categorie fragili, il governo sta mettendo in campo misure di sostegno, avendo evidentemente compreso che la pandemia non ha colore: per superarla è necessario e non solo moralmente auspicabile che nessuno venga lasciato indietro. E in Italia cosa succede? L’appello per una sanatoria anche in Italia è al momento caduto nel vuoto. Il Portogallo, in questo momento, è il modello da seguire.
In Portogallo sanatoria per i migranti. E da noi?
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