In Sudafrica i giovani fuggono dalla povertà a passo di danza

di AFRICA

Dal degrado delle township ai più prestigiosi teatri del mondo: è il sogno di migliaia di ragazze e ragazzi sudafricani. E a volte il ballo classico può davvero cambiare la vita…

È sabato. Il sole sta tramontando sulle baracche di Khayelitsha, sobborgo alle porte di Città del Capo. Sikhumbuzo Haleni percorre esausto la strada verso casa. Ha i quadricipiti dolenti, le gambe pesanti. È appena sceso dal pullman proveniente dal centro cittadino. Un’ora di viaggio all’andata e una al ritorno per partecipare alle lezioni di danza classica presso il Cape Town City Ballet. Figlio di una famiglia povera, 15 anni, nero, ha sgambettato tutto il pomeriggio insieme a una massa di ragazzine bianche e benestanti avvolte in tutù color pastello.

Sikhumbuzo sogna di diventare un ballerino professionista e niente lo può fermare. Gli sfottò dei coetanei che giocano a calcio e gli sguardi altezzosi delle ballerine dell’accademia non lo intimoriscono. Si allena tutti i giorni dopo la scuola, con un turbinio di salti e giravolte davanti alla piccola casa in cui vive con la mamma e le sorelle. Un giorno potrà permettersi una vita migliore, ne è certo. E questo avverrà grazie al ballo. Sono migliaia i giovani sudafricani che, come lui, sognano un futuro sulle punte.

Scuola di vita

A Città del Capo, l’ex ballerino di danza classica Philip Boyd, 60 anni, ha capito quale importanza possa avere questa disciplina nella vita dei ragazzi delle township di Khayelitsha, Gugulethu, Langa. Ritiratosi dal ruolo di étoile del Cape Town City Ballet, nel 1991 ha fondato la compagnia Dance for All con l’obiettivo di promuovere corsi gratuiti di danza classica, contemporanea e tradizionale. Oggi la scuola dispone di cinque sale da ballo, sparse nelle periferie degradate e frequentate da oltre 400 allievi. «Moltissimi sono orfani», racconta Boyd. «I più fortunati hanno genitori in carcere o disoccupati». Tutti sono costretti a crescere in ambienti segnati da insicurezza, alcolismo, droga, violenza e criminalità. «Non importa che i nostri ragazzi diventino famosi, l’essenziale è mettere un po’ di ordine nelle loro vite», confida il fondatore della scuola, che in vent’anni di attività è riuscito a strappare dalle grinfie delle gang centinaia di giovani. Lwando, 16 anni, è uno di loro. «Per strada mi prendono in giro, dicono che la danza è roba da femmine», dice sereno. «Ma non m’importa: da quando ho scoperto la gioia del movimento la mia vita è cambiata».

Ai tempi dell’apartheid era impensabile per un nero frequentare una scuola di danza. Iniziative come quella di Dance for All abbattono le barriere dell’elitarismo e promuovono l’integrazione razziale in una nazione dove i neri sono ancora emarginati. Sebbene i cosiddetti bantustangli Stati-ghetto dove venivano segregati i neri durante l’apartheid – non ci siano più, esiste ancora una forte disuguaglianza economica e sociale. Il 40 per cento degli abitanti delle township è senza lavoro. Più di quattro milioni e mezzo di persone vivono in estrema povertà.

Uno su diecimila

Penelope Thloloe, 35 anni circa, è stata la prima studentessa nera della South Africa’s National Arts School di Johannesburg. Un tempo veniva derisa per il colore della sua pelle dalle altre allieve, figlie della ricca borghesia afrikaner e inglese. Oggi è una delle dieci ballerine professioniste della Ballet Theatre African Dance Academy: viaggia per il mondo e si esibisce sui palcoscenici più prestigiosi. Ma quando torna in Sudafrica non manca di far visita ai luoghi dove è cresciuta. Nel tempo libero insegna danza ai ragazzini di Alexandra, storico quartiere nero di Johannesburg. «Li sprono a impegnarsi a fondo e a rimboccarsi le maniche, senza cedere alle tentazioni di facili scorciatoie, perché il sacrificio è alla base di ogni successo personale». La sua collega Kitty Phetla, ballerina e insegnante al Joburg Ballet, dà lezioni gratuite ai giovani studenti di Soweto. «Per prima cosa insegno loro a credere in sé stessi e a superare le proprie paure: chiunque può lasciarsi alle spalle il mondo difficile ereditato dai genitori», dice al termine di un incontro-esibizione alla Shalomanne Primary School.

Molti allievi, spronati dal loro esempio, iniziano a ballare. Qualcuno decide di frequentare una vera e propria scuola, come la Dance Factory, che da quindici anni è un punto di riferimento per i ragazzi cresciuti nei sobborghi di Johannesburg. I migliori finiscono a esibirsi nella sede della South African Mzansi Ballet Academy: la più prestigiosa accademia di danza del Paese. Chi viene selezionato qui durante le audizioni ha un futuro garantito nel mondo dello spettacolo. Uno su diecimila ce la fa. «Ma vale la pena provarci», esorta Dada Masilo, ballerina e coreografa di fama mondiale, cresciuta tra le catapecchie di Soweto. E poco importa se non si approda ai teatri di Londra, New York e Mosca. «L’importante è alzarsi sulle punte e mettercela tutta per spiccare il volo».

(testo di Valentina Milani – foto di Marco Garofalo)

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