«L’Isis è arrivato a Sirte!». «L’Italia è pronta a combattere!». Tra ieri sera e questa mattina si sono ripetuti sui principali media nazionali titoli di questo tenore. L’idea che sembrava voler passare è che la Libia fosse caduta tutta nelle mani dello Stato islamico e che sia prossima la creazione di un califfato a pochi chilometri dalle nostre coste. In realtà la situazione è molto più complessa di quanto possa sembrare, anche se, per questo, non meno pericolosa.
Dopo la caduta e la morte di Muammar Gheddafi (2011), la Libia non ha più avuto istituzioni stabili. Attualmente esistono due Governi ufficiali: uno a Tripoli, dominato da formazioni islamiste legate alla galassia della Fratellanza musulmana (sostenuto da Qatar e Turchia); e uno a Tobruk, controllato da forze più laiche (e sostenuto da Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Russia). Entrambi i governi non solo controllano parti limitate del territorio nazionale, ma spesso non hanno una vera influenza sulle milizie che operano militarmente sul territorio (che si muovono in autonomia).
In questo contesto, si è sviluppata una galassia abbastanza complessa di movimenti legati al jihadismo islamico. Il più importante di questi è Ansar al Sharia. I suoi miliziani sono i responsabili dell’uccisione dell’ambasciatore statunitense Chris Stevens (2012). La loro base è Bengasi e possono contare su mille uomini armati e diecimila tra sostenitori e simpatizzanti. Ha come obiettivo principale la conquista della Cirenaica per crearvi un emirato, ma non è estraneo ad azioni violente: rapimenti di cittadini stranieri, attentati suicidi, ecc. I vertici hanno sempre smentito di far parte di al Qaeda o di altre formazioni islamiste a livello regionale. È certo però che alcune componenti di Ansar al Sharia simpatizzino per l’Isis. Tra queste la Brigata al Battar, composta da combattenti che hanno operato in Siria e in Iraq.
A Derna (Cirenaica) si sta poi affermando lo Shura Council for the Youth of Islam, una formazione radicale che ha imposto la legge islamica con esecuzioni pubbliche. In città sono poi presenti stranieri legati all’Isis con funzioni di «reclutatori».
A questi gruppi salafiti-jihadisti principali se ne aggiungo altri minori, ma non meno agguerriti: il Jamal Network Muhammad, presente a Bengasi e Derna, Mokhtar Belmokhtar al Murabitun nel Sud-Ovest, Al Qaeda nel Maghreb Islamico, nel Sud-Ovest e nel Nord-Est, Ansar al Sharia Tunisia a Zuwarah, Derna e Ajdabiya.
Il califfato quindi non è ancora stato creato, ma la situazione è molto delicata. Secondo gli analisti di alcuni centri studi, il rischio potrebbe venire dalla concorrenza tra tutti questi gruppi. Nel tentativo di dimostrare la loro fedeltà ai valori islamici (da loro interpretati in modo distorto) potrebbero rincorrersi nell’organizzare attentati, rapimenti, missioni suicide. E questo potrebbe rappresentare un pericolo per il nostro Paese, non poi così distante dalle coste libiche.