Il Governo israeliano riaprirà le porte agli ebrei etiopi. L’esecutivo di Tel Aviv ha annunciato ieri di avere intenzione di estendere la legge del ritorno (aliyah) a qualsiasi etiope che riuscirà a dimostrare di avere un’identità ebraica. Per costoro sarà quindi possibile entrare e stabilirsi in Israele.
Quella degli ebrei etiopi è una vicenda complessa che affonda le radici nella storia. Le loro origini sono avvolte dal mistero. Secondo alcuni storici, la comunità dei beta israel (chiamati anche in modo dispregiativo falasha, che significa «straniero» in amarico) deriverebbero dalla fusione tra le popolazioni africane e gli ebrei fuggiti dal proprio paese in Egitto ai tempi della distruzione di Gerusalemme nel 587 a.C. o in successive ondate della diaspora ebraica. Dal punto di vista religioso, sarebbero i frutti dell’unione tra Salomone e la Regina di Saba.
Da sempre professano un ebraismo particolare che non conosce il Talmud, libro fondamentale per l’ebraismo ortodosso, ma elaborato successivamente al 72 d.C., cioè all’inizio della diaspora ebraica. Questo li ha sempre fatti considerare come atipici dalle gerarchie rabbiniche israeliane. Anche se, negli anni Settanta, il Rabbinato riconobbe la loro essenza ebraica e, di fatto, diede il via libera al loro ingresso in Israele, che avvenne in larga parte tra il 1977 e il 1991. In questo periodo, i beta israel, minacciati da carestie e dalle repressioni del governo etiope, emigrarono verso il Sudan, il cui governo musulmano fu però ostile nei loro confronti. Il governo di Israele decise allora di trasportarli nel proprio territorio con tre operazioni aeree denominate Operazione Mosè, Operazione Giosuè e Operazione Salomone, fino al 1991. In Israele arrivarono circa 90mila etiopi, l’85% della comunità presente.
Nella Terra Promessa la loro integrazione è stata ed è molto difficile. Le profonde differenze culturali con la maggior parte degli israeliani fecero sì che venissero emarginati. Le grandi dimostrazioni in piazza organizzate dai beta israel lo scorso anno (e duramente represse dalla polizia) sono solo il sintomo di un disagio profondo della comunità etiope.
In Etiopia è rimasta una piccola comunità di ebrei che professa la fede ebraica. In realtà, sono in maggioranza discendenti di ebrei convertitisi al cristianesimo e poi tornati all’ebraismo. A questi, se sapranno però dimostrare la loro origine ebraica, il Governo di Tel Aviv aprirà le porte.