Una ritrovata attenzione a tutto tondo sull’Africa da parte dell’Italia è innegabile ed è a partire da questo assunto che si apre oggi la terza edizione della Conferenza ministeriale Italia-Africa. Allo Sheraton Parco de’ Medici di Roma, sono arrivate in queste ore decine di delegazioni africane per prendere parte a un incontro che quest’anno si inserirà nel quadro della Presidenza italiana del G20 e sarà incentrato sui suoi tre pilastri, “People, Planet, Prosperity”, collegandosi anche al partenariato con il Regno Unito per la COP26.
I lavori della Conferenza saranno aperti dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella cui seguiranno gli interventi del ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio, del Presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, del Segretario Esecutivo della Commissione Economica per l’Africa dell’Onu/Uneca, Vera Songwe, del Presidente della COP26, Alok Sharma, del Presidente della Commissione Paneuropea per la Salute e lo Sviluppo Sostenibile, Mario Monti, e del Presidente del B20, Emma Marcegaglia.
Dopo la plenaria mattutina la Conferenza si svilupperà in quattro panel tematici che offriranno ai partecipanti coinvolti un forum di discussione e scambio di idee sulle tematiche delle energie rinnovabili, della transizione energetica, dell’ambiente, della finanza verde e dello sviluppo sostenibile. Da Roma sempre di più negli ultimi anni l’impegno sul fronte economico, quello politico, quello militare o quello sociale e culturale nel continente ha conosciuto un crescendo annunciato ma per certi versi inatteso. Da un punto di vista economico, l’Italia si conferma uno dei principali investitori in terra africana e anche nel 2019 è entrata tra i primi dieci in classifica. Lo rilevano i contenuti del World Investment Report 2021 della Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (Unctad), secondo cui nel 2019 l’Italia ha fatto registrare 31 miliardi di dollari di investimenti diretti esteri (Ide) verso il continente, con un aumento di quasi il 50% rispetto ai 21 miliardi di dollari del 2015.
Secondo i dati di Unctad, l’Italia si è piazzata al terzo posto tra i Paesi dell’Unione Europea (preceduta solo da Olanda e Francia) e all’ottavo posto a livello globale, dopo Regno Unito, Cina, Stati Uniti, Mauritius e Sudafrica. Negli ultimi sei anni gli investimenti italiani in Africa sono cresciuti costantemente e il Paese è sempre in cima alle classifiche internazionali. La parte del leone continua a essere giocata dai grandi player del settore energetico ma, seppur in assenza di dati precisi al momento, si registra un maggiore fermento anche su scala più piccola e in settori meno capital intensive di quello energetico. Rispetto al 2013 – anno in cui venne lanciata dal ministero degli Affari esteri l’Iniziativa Italia-Africa, segnando l’avvio della nuova fase di attenzione politica a sud del Mediterraneo – sono quasi decuplicate le aziende piccole e medie con attività in corso in questo o quel Paese africano. Se una decina di anni fa le aziende italiane in Africa si occupavano o di energia o di infrastrutture, oggi si assiste a una varietà notevole.
Al lavoro oggi nel continente si trovano aziende del nord, del centro e del sud del Paese, e si assiste sia al ritorno di grandi storici gruppi di cui in molti Paesi africani ancora è il ricordo (basti pensare alla Fiat, nell’automotive e nei macchinari agricoli) sia a un neonato interesse per nuovi settori (plastiche biologiche). Molte di queste aziende poi sembrano aver compreso a fondo concetti di sostenibilità ambientale, economica e sociale e di partnership reale con i soggetti africani. Ma soprattutto sembrano aver compreso che per lavorare (bene) con i Paesi africani servono idee e progetti di lungo respiro, non rapide operazioni commerciali o di speculazione.
Il fronte economico, comunque, non è l’unico ad aver registrato in questi ultimi otto anni una crescita costante. Anche il rapporto politico tra Italia e Africa è tornato a riprendere slancio. Prova ne sono i numerosi viaggi di presidenti del Consiglio e del presidente della Repubblica, quelli dei vari ministri degli Esteri e la grande attività dei viceministri. Prova ne sono le nuove ambasciate aperte e quelle su cui si sta lavorando, così come il ritorno a fornire un contributo politico per la soluzione di crisi come quella libica o del Sahel o nel Corno d’Africa. E ancora, un’altra prova si è avuta recentemente, nell’affrontare la questione del debito africano in piena pandemia con la proposta Release G20 (quella cioè avanzata da Link 2007, la rete delle più importanti ong italiane, di liberare i soldi per il pagamento del debito dei Paesi africani vincolandoli però in investimenti strutturali e sostenibili), una proposta che è stata fatta propria dal governo e portata in discussione al G20.
Insomma, l’Africa è cresciuta nel dibattito politico ed economico dell’Italia, ma è cresciuta anche nelle azioni di cooperazione o nell’interesse sociale e culturale. Aumentano con costanza le università italiane che stanno lavorando a progetti di collaborazione con università africane o che stanno studiando offerte formative interessanti dedicate specificamente a studenti africani, e aumentano anche i professionisti, avvocati, commercialisti, consulenti, che mettono in mostra la propria expertise nel continente africano, risultando degli utili punti di riferimento per chiunque voglia guardare all’Africa con occhi nuovi, lontani da vecchi stereotipi. Certo, la pandemia di covid e gli effetti che essa trascina con sé forse potranno rallentare o ritardare un po’ questo processo di conoscenza, ma ormai appare impossibile che possano riuscire a invertirlo.
(Maria Scaffidi)