Non si arrestano gli sbarchi dei migranti sulle coste siciliane. Dopo quello nel giorno di Pasqua, con 150 persone giunte direttamente a Pozzallo su un gommone proveniente dalla Libia, lunedì si è registrato un altro sbarco spontaneo a Portopalo di Capo Passero. Sea Watch ha inoltre denunciato un naufragio di un’imbarcazione con decine di migranti e la Ong spagnola Aita Mari, dopo raggiunto un’imbarcazione in pericolo, ha lanciato l’allarme chiedendo assistenza per le persone a bordo (tra le quali una donna incinta).
Le buone condizioni del mare e, soprattutto, la sempre più complessa situazione politico militare in Libia (dove non cessano gli scontri tra le milizie fedeli al generale Khalifa Haftar e quelle fedeli a Fayez al-Sarraj) hanno fatto riprendere le partenze. Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno, dal 1° gennaio al 14 aprile sono sbarcate in Italia 3.228 persone. Un dato in crescita rispetto allo stesso periodo del 2019 (625), ma in netta diminuzione rispetto al 2018 (7.389). Il gruppo più numeroso di migranti proveniva dal Bangladesh, ma la maggior parte dei migranti è africana: Costa d’Avorio (343), Algeria (319), Sudan (269), Marocco (234), Tunisia (178), Somalia (172), Guinea (145), Mali (143), Nigeria (75).
Questo nuovo flusso di migranti avviene in un momento in cui l’Europa ha concentrato la propria azione sul contenimento dell’epidemia del coronavirus. Il Dipartimento della Protezione civile ha annunciato che, con il supporto della Guardia costiera, sarà allestita una nave sulla quale nelle prossime ore saranno trasferiti i migranti. Lì trascorreranno la quarantena e saranno sottoposti ai controlli della Croce Rossa italiana e delle autorità sanitarie locali. «C’è l’esigenza di garantire anche per i migranti che sbarcano, la sorveglianza sanitaria cioè la quarantena e l’isolamento – ha detto Angelo Borrelli responsabile della Protezione civile -. Per questo il dipartimento creerà strutture o aree sulla terraferma oppure navi dove poter ricoverare i migranti. La Croce rossa darà supporto insieme al suo personale sanitario, così come ci sarà il rispetto dell’uso dei dispositivi di protezione individuale».
Le istituzioni nazionali e quelle continentali sembrano però distratte e anche gli interventi a favore dei migranti paiono essere insufficienti. La società civile è subito scesa in campo. «Alcuni giorni fa – è scritto in un appello pubblicato dai padri comboniani -, un criminale decreto interministeriale ha chiuso di fatto i porti italiani fino al 31 luglio appellandosi all’emergenza coronavirus. Nel frattempo la nave Alan Kurdi vaga nel Mediterraneo con a bordo 156 persone. Fonti del Viminale fanno sapere che hanno ricevuto assistenza e che sbarcheranno presto in Germania. Troveranno davvero un varco in un Europa confinata nella paura e latitante in solidarietà? O dovranno ripiegare un giorno su una Libia ormai al collasso? […] Davanti a queste drammatiche situazioni chiediamo: all’Ue, patria dei diritti umani, di organizzare corridoi umanitari e aprire i porti alle navi che salvano i migranti; al governo italiano di intervenire subito per ritirare il decreto criminale che chiude i porti e di salvare le vite umane nel Mediterraneo; e alla Conferenza episcopale italiana di alzare la voce in favore di questi fratelli e sorelle».
Un’analisi condivisa anche da abba Mussie Zerai, sacerdote in prima linea nell’aiutare i migranti: «La politica di porti chiusi sembra che abbia chiuso anche i cuori e le orecchie delle autorità marittime che hanno ricevuto diverse segnalazioni di Sos provenienti dai profughi e migranti alla deriva. La straziante grida di una madre che descrive la scena a cui è costretta ad assistere bambini esanimi, in pericolo di vita, la disperata richiesta arrivata al telefono di Allarm Phon, trasmessa anche nei vari canali sociale e notiziari in Italia. Quale civiltà è che ignora tale disperata richiesta, sarebbe un crimine contro l’umanità. Supplico a tutte le autorità competenti di soccorre tutte le persone in pericolo di vita ancora in queste ore abbandonate nel Mediterraneo».
Ma non è solo la società civile a lanciare l’allarme. In una lettera all’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, il ministro degli Esteri maltese Evarist Bartolo chiede «un’azione urgente in Libia, inclusi aiuti, per evitare un disastro umanitario, poiché la situazione è ulteriormente peggiorata a causa del Covid-19 ed il persistere della guerra civile». Nel documento il ministro avverte anche che ci sono 650mila persone in attesa di lasciare le coste libiche.
«Confermiamo di aver ricevuto la lettera» del ministro degli Esteri di Malta, che ora «sarà valutato». «La situazione in Libia è sempre presente tra i pensieri dell’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell». Così un portavoce della Commissione europea, ricordando anche il lancio dell’operazione Irini.
Nella lettera a Borrell il ministro degli Esteri maltese chiede all’Unione Europea di lanciare «immediatamente una missione umanitaria» in Libia allo scopo di frenare il flusso migratorio illegale durante la pandemia da coronavirus. Bartolo propone che la missione europea distribuisca cibo e aiuti medici per almeno 100 milioni di euro
Il suo appello basterà a smuovere le istituzioni europee?
Basterà?